Leggi e tasse inique producono criminali. Parola di liberale

Solo il libero e spontaneo mutamento dell'opinione pubblica può costituirne il rimedio per la diminuzione

17 Novembre 2014

Il Giornale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Esiste un rapporto diretto fra la criminalità (o, per lo meno, di una sua parte) e l’abuso del potere politico? Secondo Thomas Hodgskin (1787-1869), di cui Liberilibri pubblica ora due appassionate conferenze pronunciate a Londra nel 1857 – Crimine e Potere. Due lezioni londinesi, a cura di Alberto Mingardi, pp. LXXIV-126, euro 16 – la risposta è affermativa.

Hodgskin, esponente della tradizione liberale britannica che va da John Locke ad Adam Smith, afferma che il potere politico, se travalica dai suoi compiti primari volti a garantire per tutti i cittadini i diritti naturali di salvaguardia della vita, della libertà e della proprietà, produce uno squilibrio sociale, causando conflitti e prevaricazioni non esistenti allo «stato di natura». E ciò avviene perché i governanti impongono tasse e leggi soprattutto a esclusiva tutela dei propri interessi. In tal modo viene meno il rispetto per la proprietà altrui, e le classi povere, educate dall’esempio delle classi elevate, vengono indotte a credere che i beni possano essere depredati. Il governo, secondo Hodgskin, «nel prendere da un singolo contribuente senza consenso un solo mezzo scellino per un qualsiasi altro scopo di fuori del chiaro dovere (di difendere questi diritti naturali, ndr) dà un esempio di predazione della proprietà e diventa un agente attivo nella promozione del crimine».

Come scrive Alberto Mingardi nella sua bella introduzione, l’economista inglese era convinto che il miglioramento sociale non si potesse ottenere per via legislativa, né fosse possibile redimere i criminali con pene più dure e punizioni più crudeli. Solo il libero e spontaneo mutamento dell’opinione pubblica, considerata ultimo giudice dei governi, unico arbitro efficace delle questioni sociali e vero motore del cambiamento politico, poteva costituire il rimedio per la diminuzione della criminalità. Specificava infatti con ottimismo illuministico: «non abbiamo bisogno di più magistrati, di più polizia, di più cappellani, tutta gente che ha un interesse professionale nel fraintendere la natura e propagare l’errore».

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