Sei lettere, finora inedite in Italia, che si leggono in un fiato. Scritte da Vilfredo Pareto tra l’1 agosto 1888 e l’1 febbraio 1891. E che Liberiliberi pubblica col titolo L’ignoranza e il malgoverno. L’introduzione di Alberto Mingardi spiega il contesto. Le lettere sono indirizzate alla rivista anarchica bostoniana Liberty. L’economista fiorentino, allora poco più che quarantenne, è lucidissimo e si propone di raccontare l’Italia di quegli anni: il militarismo, le prime imprese coloniali, i dazi e il crispismo, i briganti e il Sud. Mingardi, dopo una dotta disquisizione dell’anarchismo fatto «da anarchici senza bombe», ricorda il percorso intellettuale di Pareto. Molto utile. Il Pareto delle lettere è quello più genuinamente liberista, influenzato da Spencer e Bastiat, il Pareto fiorentino; a cui seguirà un Pareto svizzero, sociologo, realista, disincantato.
Ma torniamo alle lettere. In alcuni passi sono ripetitive. Ma sono stupende, vere e intense. Si possono leggere con due chiavi quasi opposte. Quella del cronista delle cose italiane. La descrizione della divisione tra Nord e Sud, il fenomeno del brigantaggio. Bellissima la descrizione dell’ascesa e della caduta di Crispi, prima confuso dal consenso interessato e poi mollato per le sue intemperanze parlamentari. E poi il bilancio dello Stato, riassunto da perfetto cronista finanziario in tre righe: quasi 600 milioni di franchi l’anno spesi per spese militari, circa un terzo dell’intero bilancio pubblico. E poi la corruzione nell’acciaieria di Terni e la buona idea delle banche popolari. È come leggere una pagina di storia grazie alla leggerezza del cronista, ma con gli occhiali di un pensatore liberale. Ci sono pagine di un’attualità incredibile. Giudicate voi: «Noi supponiamo, per una finzione legale, che gli atti di governi parlamentari siano un perfetto accordo con l’opinione consapevole della maggioranza delle persone. In generale le cose non stanno così. Governi astuti sanno perfettamente bene come creare un’opinione artificiale: e in parte per indifferenza, in parte per ignoranza, capita di rado che le persone siano consapevoli del fine verso cui il loro governo le sta guidando». Altrettanto interessante e disincantata l’analisi dei partiti, divisi in due classi: «Quelli che vogliono il governo del popolo da parte del popolo e quelli che al contrario vogliono che il popolo sia governato da una classe dirigente».
In fondo non è questa la grande differenza, anche attuale, tra il governo dei competenti e quello degli eletti, di cui tanto si parla? Quanto al nome «liberale», aggiunge Pareto, «in Italia è inutile fare distinzioni, perché tutti sostengono d’esserlo, inclusi i più autoritari». Sul piano economico, Pareto è poi tranchant: «È davvero incredibile che possa esserci ancora qualcuno che crede che aumentando il potere dello Stato i mali di cui soffre il popolo diminuirebbero. Al contrario, è proprio questo potere ad esserne la causa principale». Non sarebbe male una bella lettura da parte dei politici di oggi.
da Il Giornale, 19 agosto 2018