21 Ottobre 2024
L'Economia – Corriere della Sera
Alberto Mingardi
Direttore Generale
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II governo Meloni vuole tassare le plusvalenze sulle criptovalute al 12%. Fino ad oggi l’aliquota era, come per altri strumenti finanziari, il 26%. Sempre più del doppio rispetto ai titoli di stato, ma così sarebbe tre volte e mezzo. È sensato?
Le criptovalute non piacciono al regolatore, un po’ perché si situano all’esterno del perimetro che esso tradizionalmente presidia e un po’ perché l’andamento del Bitcoin negli scorsi anni ha creato aspettative di grandi guadagni e, si dice, attratto un pubblico non particolarmente avvertito sotto il profilo finanziario.
Questo paternalismo è un’utile giustificazione per l’amministrazione la quale, quando c’è da reperire quattrini, ragiona un po’ come i rapinatori di strada: cerca di andarli a prendere dove ha l’impressione ci siano.
Ci sono almeno tre ragioni per cui il ministro Giancarlo Giorgetti, col buon senso che gli è proprio, dovrebbe ripensarci. Eccole.
La prima è che tutti rimproveriamo, sempre, i giovani di non risparmiare. La scarsa propensione al risparmio è un dato legato all’età e non ci sono corsi di educazione finanziaria che riescano a correggerlo. La lontananza, antropologica, fra il mondo delle banche e quello dei nativi digitali non aiuta. Le cripto invece fanno parte dell’universo di questi ultimi, le capiscono istintivamente, ci investono i loro risparmi, tanti o pochi. Ha senso, in un Paese dove i giovani sono pochi e squattrinati, colpire l’unico asset fatto su misura perla loro generazione?
La seconda ragione è che le stime di gettito dell’imposta sono elevate (4 miliardi) ma probabilmente irrealistiche. Non tutti hanno comprato Bitcoin quando valeva centinaia di euro e pensano di rivenderlo l’anno venturo. Molti Bitcoiners coltivano la speranza di rivalutazioni sempre più elevate e si tengono stretto il loro borsellino. E le cripto che non sono Bitcoin non hanno avuto andamenti altrettanto spettacolari.
La terza è che lo Stato può far poco per promuovere l’innovazione, ma molto per frenarla. Il governo guidato da Giorgia Meloni è amico di Elon Musk e apre le braccia a Starlink. Vuole attrarre imprese e idee innovative: bene, bravi, bis.
Ma che penseranno questi imprenditori di un esecutivo che stronca una delle poche genuine innovazioni finanziarie degli ultimi anni?
Abboccheranno all’amo di qualche comparsati internazionale, o metteranno in fila Uber, carne artificiale e Bitcoin e ne dedurranno che l’Italia è tutto fuorché un Paese per innovatori?