4 Novembre 2014
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Anche se pochi se ne sono accorti, il recente decreto-legge detto Sblocca Italia include un articolo che potrebbe aprire spazi allo sviluppo di comunità volontarie, città private e, insomma, a forme innovative di produzione e gestione di attività di largo interesse.
In effetti, per molti servizi pubblici (strade locali, gestione dei parchi, polizia, spazi sportivi o culturali, ecc.) oggi di norma dipendiamo da enti di Stato: dobbiamo accettare, ad esempio, quanto è fornito in maniera monopolistica dalla nostra amministrazione comunale. Per questa ragione, nonostante una fiscalità sempre più onerosa, il servizio è spesso di bassa qualità.
Al fine di trovare una soluzione, sulla scorta di realtà di altri Paesi, la norma prova a immaginare che anche nel nostro Paese – in America sono ormai milioni di famiglie – vi siano quartieri e aree in cui tali beni e servizi a interesse diffuso non siano forniti da un soggetto pubblico ma da privati.
In qualche caso già ora questo è possibile: come in parte è avvenuto a Milano Due o all’Olgiata. Simili spazi di autogoverno potranno però svilupparsi e crescere solo se quanti usufruiscono dei servizi non saranno costretti a pagare due volte: finanziando l’iniziativa (privata) di cui usufruiscono e anche quella (pubblica) a cui non sono interessati. Se insomma vivo in un condominio indipendente che ha proprie biblioteche e centri sportivi, che cura da sé il verde e fa la manutenzione delle strade, è giusto che quanto meno abbia una riduzione delle imposte locali, dato che l’ente pubblico non deve sostenere oneri.
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