Il filosofo britannico Barry Smith lunedì sera sarà ospite alle Ogr «Il rischio è che gli umani la usino come carri armati e mitragliatrici»
La creatività umana non scomparirà, nemmeno sotto l’assalto dell’intelligenza artificiale. Parola del filosofo britannico Barry Smith, professore all’università di Buffalo, co-autore del libro Why Machines Will Never Rule the World e protagonista lunedì del talk AI, Politics and Complex Systems. Don’t hope to get rid of Human Creativity, organizzato da Fondazione Crt e Istituto Bruno Leoni alle 18.30 alle Ogr.
Luca Castelli: Professor Smith, chi è che non deve aspettare di «liberarsi della creatività umana»?
Barry Smith: Sono molti ad avere tali aspettative. Transumanisti che sognano un mondo in cui quei brutti sacchi di lardo chiamati esseri umani saranno eliminati a favore di macchine pulite, moderne e al silicio. O grandi multinazionali che cercano di risparmiare sostituendo gli uomini con computer più economici e che non vanno mai in vacanza. Ma niente del genere accadrà mai.
LC: Il libro che ha scritto con Jobst Landgrebe è uscito due anni fa. Non ha cambiato idea nemmeno di fronte agli avanzamenti dell’intelligenza artificiale?
BS: Modelli come ChatGpt, che hanno impressionato l’opinione pubblica, non saranno mai all’altezza di rispondere a tutti i requisiti richiesti per un’interazione con sistemi complessi come gli esseri umani. L’esagerato ottimismo che li circonda è ingiustificato e ci sono segnali che le grandi società d’investimento stanno ritirandosi. D’altronde, i modelli linguistici LLM (tecnologie Ai incentrate sulla comprensione e analisi del testo, come ChatGpt, ndr) per funzionare hanno bisogno di addestrarsi su masse sempre nuove di dati, che oggi si stanno esaurendo. Soprattutto le più attendibili, provenienti da enciclopedie e pubblicazioni scientifiche.
LC: Quali sono i maggiori benefici che potrebbero arrivare all’uomo dall’intelligenza artificiale?
BS: Tutti gli organismi, compreso il cervello umano, sono sistemi complessi. I sistemi semplici invece includono dispositivi come laptop e semafori. Ci sono molti aspetti della realtà che possono essere trattati come sistemi semplici, con potenziali vantaggi per la ricerca farmaceutica, il riconoscimento facciale, la modellazione delle malattie, la traduzione dei testi e altri settori.
LC: E i rischi?
BS: L’Ai da sola non conquisterà mai il mondo, né vincerà le elezioni: avrebbe bisogno di una volontà sofisticata e i sistemi di intelligenza artificiale non ne hanno alcuna. C’è invece il rischio che siano gli esseri umani a cercare di utilizzarla come farebbero con carri armati e mitragliatrici. Per questo i governi stanno già negoziando accordi per limitarne l’uso in guerra, analoghi a quelli per armi chimiche e biologiche.
LC: Sono esagerate anche le preoccupazioni che l’Ai possa influire sulle elezioni in arrivo, dalle europee di giugno alle presidenziali americane di novembre?
BS: Penso di sì. La vedo come una campagna pubblicitaria di secondo livello, costruita da chi potrebbe trarre vantaggio dall’esagerazione delle paure, sulla base di quella di primo livello orchestrata dagli inventori di queste tecnologie.
LC: L’intelligenza artificiale e l’informatica stanno rivoluzionando la filosofia?
BS: Ripeto spesso ai miei studenti che la filosofia non appartiene più solo alle discipline umanistiche. A Buffalo stiamo introducendo un “Master of Science” e un dottorato in filosofia applicata dove ci occupiamo delle trasformazioni del mondo che derivano dall’informatica. Noto che chi si iscrive a programmi come il nostro ottiene incarichi ben retribuiti nel governo e nell’industria.
LC: Molte nostre idee su questi temi sono influenzate dalla fantascienza. C’è qualche opera di finzione che ha centrato bene la realtà?
BS: Mi è piaciuta molto la serie tratta da Il problema dei tre corpi di Liu Cixin, che solleva una questione rilevante anche per il nostro libro. Parla della possibile invasione di una civiltà aliena proveniente da un pianeta dove il clima è imprevedibile perché appartiene a un sistema con tre soli. Se un sistema con tre “corpi” è imprevedibile, figuriamoci uno come il cervello umano che a livello cellulare si basa su 100 miliardi di corpi.