Il documentario sulla lotta del popolo venezuelano contro il regime di Nicolás Maduro, “A La Calle”, di Nelson G. Navarrete e Maxx Caicedo, sarà proiettato al cinema Anteo di Milano giovedì 24 febbraio, a cura dell’istituto Bruno Leoni. Con un leader della opposizione venezuelana come Leopoldo López e con il latino-americanista Loris Zanatta alla presentazione c’è anche Tamara Taraciuk Broner, responsabile per le Americhe di Human Rights Watch.
“Chiunque voglia capire la profondità e l’entità della crisi venezuelana dovrebbe vederlo”, dice al Foglio. “La brutale repressione contro critici e oppositori, l’emergenza umanitaria, la conseguente crisi dei profughi che ha costretto oltre 6 milioni di persone a lasciare il paese sono raccontate attraverso le testimonianze commoventi di quattro venezuelani: un leader dell’opposizione arbitrariamente detenuto e processato; un attivista che ha partecipato alle proteste contro il regime di Maduro ed è stato torturato durante la detenzione; uno studente di medicina che ha guidato gli sforzi per curare i feriti durante le proteste; un giovane barbiere che descrive le difficoltà economiche che ha dovuto affrontare e che ha deciso di lasciare il paese”.
Il Venezuela è da anni “in una spirale di crisi in cui è difficile vedere segnali positivi, soprattutto sui temi dei diritti umani e della democrazia. Se una cosa è stata chiara dalle elezioni di novembre è che nel paese in questo momento non ci sono condizioni per elezioni libere ed eque. E’ dunque estremamente importante mantenere la pressione internazionale attraverso sanzioni dirette ai funzionari venezuelani coinvolti in gravi abusi e atti di corruzione, nonché sforzi per portare avanti le indagini penali a livello internazionale”.
In Venezuela, i dati del 2018 e del 2019 indicavano che in ciascuno di questi due anni il regime di Maduro aveva causato più del doppio delle vittime del regime di Pinochet in 17 anni. Continua così? “E’ difficile confrontare le situazioni perché ogni paese ha la sua storia – dice Taraciuk Boner – Ma senza dubbio i livelli di abuso in Venezuela sono allarmanti. Dal 2014 abbiamo documentato più di 18 mila omicidi da parte delle forze di sicurezza in presunti atti di resistenza all’autorità, molti dei quali erano esecuzioni extragiudiziali; più di 15 mila casi di detenzione arbitraria di critici o oppositori; più di 870 casi di civili perseguiti da tribunali militari e molti casi di abusi durante la detenzione, compresa la tortura. Non si tratta di atti isolati da parte di agenti insubordinati, ma di pratiche sistematiche commesse dalle forze di sicurezza venezuelane che, in molte occasioni, lavorano di pari passo con gruppi armati illegali”.
Oltre che dal Venezuela stanno arrivando notizie gravi anche da Cuba e Nicaragua. “Quelle sono dittature, perché non c’è né legittimità all’origine, non ci sono state elezioni libere o eque, né legittimità di esercizio del potere. Ma anche in Brasile, El Salvador o Messico, ci sono governanti saliti al potere dopo elezioni legittime, ma che esercitano il potere andando contro garanzie fondamentali”. La recente polemica di Maduro con il cileno Gabriel Boric, il peruviano Pedro Castillo e il colombiano Gustavo Petro sembra però indicare che si sta rompendo una certa solidarietà automatica tra sinistre latnoamericane anche in caso di involuzione autoritaria. “Ottima notizia, a dimostrazione del fatto che non è un problema di destra o di sinistra. Ci sono leader di ogni orientamento che seguono il copione autoritario in America Latina e non dovremmo dividere la regione tra sinistra e destra quando ne parliamo, ma piuttosto tra democratici e leader autoritari”.
Vari rapporti indicano un marcato deterioramento della situazione dei diritti umani in tutto il mondo. Quanto pesa il Covid? In America Latina, questa battuta d’arresto è maggiore o minore? “Il Covid in luoghi come Venezuela o Nicaragua è stato usato come pretesto dagli autocrati per limitare i diritti. In altri casi, come in Brasile o in Messico, i governanti hanno apertamente ignorato le raccomandazioni dell’Oms, mettendo a rischio il diritto alla salute e persino la vita dei cittadini. In una regione molto diseguale, la pandemia ha aggravato la disuguaglianza. E poi c’è una crisi migratoria di proporzioni enormi. Ai sei milioni di venezuelani che sono fuggiti dal loro paese, si aggiungono più di 110 mila nicaraguensi che sono fuggiti dalla crisi dal 2018. E ci sono migliaia di persone che attraversano l’America centrale e il Messico per raggiungere il confine con gli Stati Uniti, affrontando violenze e abusi”.
da Il Foglio, 23 febbraio 2022