Lo Stato che impone le diete alimentari, ma non privateci di un cioccolatino

I Paesi che hanno battuto la strada del dirigismo alimentare hanno fallito: l'effetto sull'obesità è minimo

10 Marzo 2014

Corriere della Sera

Carlo Stagnaro

Direttore Ricerche e Studi

Argomenti / Teoria e scienze sociali

La mia libertà finisce dove inizia la tua. Ma dove si ferma quella dei politici nel limitare entrambe? Da tempo dilagano le politiche teoricamente contro l’obesità, di fatto contro gli obesi: dalle imposte su junk food e bevande zuccherine alla regolamentazione di ingredienti e porzioni. L’Italia non è rimasta indietro, anche se finora con scarsi risultati: si è tentato di normare la dimensione delle portate nei ristoranti, di tassare i soft drink e di imporre la quota di succo d’arancia nell’aranciata (!). Questi tentativi hanno in comune un approccio che difficilmente riesce a fornire una risposta convincente a tre domande.

Prima domanda: serve? I Paesi che hanno battuto la strada del dirigismo alimentare hanno fallito. Tipicamente l’effetto sull’obesità è minimo; in compenso i «ciccioni» più impertinenti si sono spostati su prodotti ugualmente grassi ma più economici, perché di qualità inferiore. Naturalmente tale peggioramento vale soprattutto per í consumatori a basso reddito, peri quali gli aumenti di prezzo sono incompatibili col bilancio famigliare.
Seconda domanda: perché? Un conto è quando i comportamenti individuali hanno conseguenze su terzi, ma le abitudini alimentari sono privatissime. Lo Stato in cucina non è meno odioso che in camera da letto.
Terza domanda: con quale giustificazione? I fautori dei divieti affiancano ai consueti argomenti paternalisti la tesi che le patologie collegate all’obesità gravano sui costi sanitari. Fosse anche vero: loro le tasse non le pagano come gli altri? Perché allora dovrebbero essere chiamati a contribuire due volte, per un mix di cause che peraltro includono la predisposizione genetica a ingrassare? La realtà è che in questo come in altri casi il buonsenso dovrebbe prevalere sulla tentazione di controllare la vita del prossimo. Lasciateci la libertà di mangiare un cioccolatino.

L’educazione e l’informazione fanno la differenza: ma al di là di questo deve esserci un limite oltre il quale ciascuno è padrone del proprio corpo. Altrimenti l’unica diagnosi applicabile rischia di essere quella di H.L. Mencken: «la pretesa di salvare l’umanità è molto spesso la pretesa di dominarla».

Dal Corriere della sera, 10 marzo 2014

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