28 Dicembre 2021
La Provincia
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Il 2022 potrebbe essere un anno di svolta per la società lombarda: una realtà di oltre 10 milioni di persone che rappresenta la parte più dinamica dell’Italia e al tempo stesso, però, ormai deve fare i conti con un declino pluridecennale. Soltanto per dare un’idea di come la Lombardia ha perso terreno, è sufficiente ricordare che quando nel 1992 in Svizzera ci fu un referendum per l’adesione allo spazio economico europeo l’argomento che in Canton Ticino fu usato dai fautori del “sì” fu che, grazie a questo avvicinamento all’Europa, i giovani elvetici avrebbero potuto trovare opportunità lavorative da noi. Oggi nessuno pensa che un salario italiano possa essere accettabile da Chiasso in su e questo sarà in parte in virtù dei successi elvetici, ma è soprattutto da collegare alla decadenza italiana e quindi anche lombarda degli ultimi trent’anni.
Per risorgere vi sono questioni culturali da affrontare: a partire dalla riscoperta di un’etica del lavoro e della competizione che è quasi venuta perfino nel mondo imprenditoriale: sempre più attratto da aiuti, sovvenzioni, Pnrr e ogni altra diavoleria di stampo interventista. Ancor più importante, forse, è abbandonare l’illusione in parte anche generosa, ma irrealistica e soprattutto ingiusta che da Milano e dalla sua regione possa venire la spinta per una “lombardizzazione” dell’Italia intera. Molti fenomeni politici nazionali sono proprio partiti da qui con l’idea che alla “sanior pars” (o presunta tale) fosse stato affidato questo compito. Se anche un tale progetto fosse possibile (e non lo è), esso comporterebbe la cancellazione di culture, tradizioni, mentalità e diversità che vanno valorizzate.
Il tratto più caratteristico dell’Italia è infatti da riconoscere nella sua variètà. Ne discende che ogni sua parte deve essere libera di esprimersi al meglio, cercando la sua specifica strada verso la crescita e la civiltà: un percorso che per forza di cose deve essere differente e sintonizzato su quella comunità. L’idea che da Milano possa affermarsi una visione tecnocratica in grado di rifare l’Italia è profondamente illiberale e ha già prodotto tanti danni. A questo punto, i lombardi devono pensare alla Lombardia e devono fare tutto il possibile perché anche altrove ognuno si faccia carico delle sue responsabilità. Ecco perché la battaglia perduta dell’autonomia differenziata l’ultima illusione, ormai finita nel nulla deve essere rilanciata in termini nuovi, immaginando un pieno diritto all’autogoverno anche per tutte le altre regioni della Penisola.
Nell’anno che viene la società lombarda deve pretendere più libertà, insieme al diritto di governarsi: fissando le proprie tasse e le proprie regole, esattamente come accade nei cantoni svizzeri. E il medesimo statuto va attribuito a tutte le realtà che compongono il mosaico dell’Italia, che non a caso è stata grande quando Siena è stata Siena, Venezia è stata Venezia, Palermo è stata Palermo. Per questo motivo, i lombardi devono battersi per il loro diritto a fare da sé e per quello di tutte le altre comunità, con la convinzione che una vera competizione tra sistemi può soltanto aiutare tutti a crescere e dare il meglio.
da La Provincia, 28 dicembre 2021