Ma anche noi stentiamo a ripartire

Se il debito greco non venisse ripagato nella sua interezza, il buco per le casse italiane potrebbe raggiungere quasi il 3 per cento del prodotto interno lordo

12 Febbraio 2015

Panorama

Andrea Giuricin

Argomenti / Teoria e scienze sociali

La Grecia guidata dal governo rosso di Alexis Tsipras è alle prese con un problema enorme: il debito pubblico che è ormai pari a 315 miliardi di euro, vicino al 180 per cento del prodotto interno lordo ellenico. Un fardello che il nuovo leader di Syriza vorrebbe venisse alleggerito, nonostante il governo non abbia nessuna intenzione di completare il percorso di riforme iniziato da Antónis Samaras, leader del centro-destra uscito sconfitto alle ultime elezioni. La Banca centrale europea ha appena ricordato alla Grecia che gli impegni devono essere rispettati e che le riforme devono continuare. Questa è la condizione per arrivare a un eventuale taglio del debito. Un debito che è all’80 per cento nelle mani della Troika; ma la Troika non è nient’altro che l’insieme degli Stati europei, oltre alla Commissione europea e al Fondo monetario internazionale. Per tale ragione, tutti gli Stati europei sono esposti a un eventuale taglio del debito greco (haircut è il termine tecnico).
L’esposizione italiana è la terza più elevata dopo quella tedesca e francese, con quasi 40 miliardi di euro. In termini pro-capite il debito è pari ad oltre 600 euro per ogni cittadino italiano, bambini e anziani compresi. Nella improbabile ipotesi il debito greco non venisse ripagato nella sua interezza, il buco per le casse italiane potrebbe raggiungere quasi il 3 per cento del prodotto interno lordo. Molto probabilmente la «tosatura» del debito verrà effettuata nei prossimi mesi, ma Tsipras ha ben poche armi nelle sue mani, dato che un’eventuale uscita della Grecia dall’euro non provocherebbe più grandi danni all’economia europea.
La Grecia di Syriza non vuole continuare il percorso di riforme che è stato timidamente iniziato negli anni scorsi e che porterà a una crescita importante del Pil e dell’occupazione nel corso del 2015. Il contrario dell’Italia, dove le riforme annunciate ancora non hanno fatto vedere gli effetti sperati.
Non è un caso che tra i Piigs, l’acronimo dei Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna, proprio il nostro Paese sia quello con le previsioni più basse anche nel 2015. L’anno felix non è alle porte per l’Italia.

Da Panorama, 12 febbraio 2015
Twitter: @AndreaGiuricin

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