Ma davvero la sicurezza vale più della libertà?

Il conformismo statalista attorno al virus

14 Aprile 2020

Il Giornale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Scusate, sto male, non respiro, ma non per colpa del maledetto virus, bensì dell’asfissiante conformismo statalista intorno al virus: ubbidite al governo e senza discussioni, soltanto così salverete vita e portafoglio (dico portafoglio perché l’unico rischio di chi corre o pedala da solo sono le multe). Vorrei che anche in Italia esistesse una figura come Lord Jonathan Sumption, il vecchio giudice della Suprema Corte che ai microfoni della BBC ha posto queste domande: «La situazione è grave, ma è abbastanza grave da giustificare l’imprigionamento collettivo, la demolizione della nostra economia? Abbastanza grave da oberare le future generazioni di debiti, da infliggere depressione, infarti, suicidi a milioni di persone non particolarmente vulnerabili al virus?».

Possibile che nella patria di Dante, Alfieri, Foscolo, Pellico, Guareschi non si trovino scrittori a cui la libertà sia più cara della sicurezza? Gli odierni letterati (ho esagerato: gli odierni narratori) sembra che sui social sappiano scrivere soltanto «io-resto-a-casa». Ma restateci voi a casa, amebe che non siete altro: non esistono più giovani ribelli, fieri vegliardi, artisti maledetti o, più semplicemente, intellettuali dissidenti? Tutti accodati dietro l’«andrà-tutto -bene», lo slogan puerile, per non dire scemo, divenuto perfino il titolo di un’antologia con Carrisi, Gramellini, Vitali?

Per respirare meglio mi metto a cercare compagni di libertà. Subito mi rivolgo a Giovanni Gasparro, il campione della nuova arte sacra, che immagino soffra come me la proibizione della messa: «La Settimana Santa senza potere neanche sostare davanti al tabernacolo è stata una dura prova. La salvezza eterna è merce inutile per governanti in pieno delirio igienista con la silente complicità di vescovi mondanizzati».

Bene, il primo dissidente l’ho trovato. Poi cerco Costanza Miriano, che ha scritto “Obbedire è meglio” (Sonzogno) però nel senso di obbedienza a Dio, non a Cesare né tantomeno a Conte: «Le Messe con i fedeli non sarebbero state da sospendere, mai, da nessuna parte, come non si è mai smesso di mangiare. Ho visto gli indisciplinatissimi romani, allergici a ogni tipo di regola, mettersi in fila davanti ai supermercati manco fossero inglesi. Figuriamoci se non lo avrebbero fatto i fedeli».

A proposito di Messe, prima di Pasqua è apparso su Tempi un appello molto rispettoso (anche troppo rispettoso, per i miei gusti neo -punk) di Davide Rondoni, con l’obiettivo di avere pubbliche celebrazioni pasquali. Niente da fare, l’appello è stato rilanciato da Salvini mandando su tutte le furie i preti immigrazionisti, che forse non sono così numerosi, ma essendo molto rumorosi sembrano una legione. Si è capito che loro riaprirebbero non prima di Natale, pur di fare dispetto alla Lega. Anche a Rondoni faccio le domande di Lord Sumption: «La narrazione di questa vicenda è lacunosa e fuorviante, basti pensare l’assurdità scientifica dei bollettini quotidiani della Protezione civile e le omissioni cinesi, e rappresenta uno stadio in più di quanto già Foucault e altri hanno inteso come il prevalere della biopolitica rispetto alla politica tradizionale. Si tratta di una specie di guerra combattuta attraverso la gestione del bene Salute come criterio dominante. Occorrerà battersi nel prossimo futuro contro ogni tentativo di statalismo assoluto». Ecco, la dilagante pandemia statalista.

Dunque interpello il liberista Novello Papafava e faccio bene perché il catalogo Liberilibri non delude mai: «In poche settimane, in nome della Salute, si sono vinte tutte le resistenze di individui e famiglie all’avanzata dello statalismo. Né destra né sinistra, solo un unico grande potere terapeutico che più fallisce nel guarire più acquisisce potere. Aveva ragione Chesterton a dire che una volta abolito Dio è il governo che diventa Dio».

Aurelio Picca mi risponde da Velletri criticando l’abuso di Tricolore, la retorica dell’inno nazionale, i preti che si sono «ritirati come lumache», la gente che andrà al mare con le mascherine e sarà il peggiore degli orrori ossia «un orrore disciplinato».

Roberto Dal Bosco dei meccanismi mentali dei nostri carcerieri dovrebbe saperne qualcosa, visto che in tempi non sospetti diede alle stampe “Incubo a 5 Stelle: Grillo, Casaleggio e la cultura della morte” (Fede&Cultura). Da Vicenza profetizza che «queste restrizioni non se ne andranno, importeremo i metodi e financo i software dalla Cina, il vero untore, che scopriamo avere una serqua immensa di maggiordomi in Italia, e saremo controllati sempre. Sul Corriere della sera, di cui ho appena disdetto l’abbonamento per ciò che è diventato, un imprenditore, intervistato in ginocchio, parla tranquillamente di braccialetti da distribuire alla popolazione. Come i carcerati».

E si capisce che Francesco Giubilei, da Roma, invita a «non sottovalutare l’aspetto delle libertà personali tutelato dalla nostra Costituzione». Ora ricordo che proprio grazie a un suo libro scoprii l’esistenza di Albert Jay Nock, il libertario americano che negli Anni Trenta disse qualcosa di utilissimo oggi: «Se tu dai allo Stato il potere di fare qualcosa per te, tu gli concedi anche il potere di fare qualcosa contro di te».

L’editore Gino Giometti mi risponde da Macerata lamentando «l’assoluta mancanza di nerbo mostrata dal popolo italiano» nei confronti di leggi liberticide: «Si è messa un’intera popolazione agli arresti domiciliari senza preoccuparsi se magari qualcuno non se lo potesse permettere, si è mentito spudoratamente sulla durata reale della detenzione (in realtà prevedibilissima visto che ci si ispirava al modello cinese) senza che nessuno fiatasse».

Infine Riccardo Manzotti, professore di Filosofia teoretica alla Iulm (sarà un caso che l’unico filosofo in grado di darmi un po’ di ossigeno intellettuale insegni in un’università privata?). Ho letto un suo formidabile intervento su Leoni blog: «Stare a casa è diventato subito un gesto scaramantico, che si fa per motivi tra la superstizione e l’appartenenza alla comunità. Nessuno si interroga sui meccanismi di trasmissione del virus. Sono demandati agli esperti, come in passato era demandato ai preti di interpretare le sacre scritture e agli intellettuali di sinistra di fare l’analisi del momento storico». Lo contatto per sapere come vive personalmente questo periodo di oppressione: «Dover sottostare a diktat completamente irrazionali in un clima moralistico dove si è trasformato un atto opportunistico, come lo stare in casa a non far nulla, in un’azione eroica, mi è intollerabile. Più che i miasmi dei virus mi danno fastidio i miasmi dell’ipocrisia». A chi lo dice.

da Il Giornale, 14 aprile 2020

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