Manovra d'emergenza. Quei limiti che Meloni (non) poteva superare

Intervista a Nicola Rossi, economista dell'Istituto Bruno Leoni ed ex parlamentare

27 Novembre 2022

Formiche.net

Argomenti / Politiche pubbliche

Il governo di Giorgia Meloni ha evidentemente raschiato il fondo delle finanze pubbliche quando si è trattato di dare corpo alla manovra, da lunedì all’esame del parlamento: 32 miliardi, euro più euro meno, tutti o quasi sacrificati sull’altare dell’inflazione e della crisi energetica. Per gli altri capitoli di spesa, fisco e pensioni su tutti, è rimasto poco spazio, 6-8 miliardi al massimo. Ma è proprio questo il punto, dice a Formiche.net l’economista ed ex parlamentare Nicola Rossi: era davvero complicato fare di meglio.

La manovra Meloni-Giorgetti ha finalmente visto la luce e si prepara ad approdare in Parlamento. Molti osservatori ne hanno sottolineato la natura sociale, tutta protesa alla salvaguardia delle famiglie alle prese con il costo della vita. Condivide questa lettura, almeno in parte?
Mi sembra che l’aggettivo appropriato, in questo vaso, sia emergenziale. Dominata cioè dalla emergenza energetica cui sono riconducibili due terzi delle risorse messe in campo. Nel restante terzo ci sono certamente iniziative in campo sociale fra cui, correndo il rischio dell’impopolarità, farei rientrare anche la revisione del reddito di cittadinanza ma non mi sembra quello l’elemento dominante. Basti l’esempio della estensione della fiscalità di vantaggio per le partite Iva.

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