Siamo sicuri che spostare risorse dal privato al pubblico e dal futuro al presente ne migliori l'impiego?
18 Dicembre 2023
L'Economia – Corriere della Sera
Alberto Mingardi
Direttore Generale
Argomenti / Politiche pubbliche
Vista dall’Italia, la Germania è un Paese stravagante che proprio quando pensa di immettere più risorse nell’economia in risposta alla recessione discute di tetto al debito pubblico e pareggio di bilancio. Parlando del rinnovo del patto di stabilità, Giuseppe Conte ha accusato Giorgia Meloni di mettere un «cappio» all’Italia. E il cappio consisterebbe nel ritorno alle regole fiscali, all’obiettivo (quali che siano le variazioni sul tema rispetto al passato) di ridurre il debito e contenere il deficit. Più che di un cappio, si tratta di una cintura di sicurezza che si mette il Paese, nella consapevolezza che i suoi governanti amano la guida spericolata.
Delle regole fiscali si può dire come delle diete: qualsiasi regime è meglio che nessun regime. Non a caso, la prima regola fiscale non è «europea» ma ce l’abbiamo in Costituzione. Il vecchio articolo 81 stabiliva che ogni nuova legge che prevede nuove o maggiori spese indichi i mezzi per farvi fronte. Un modo per perseguire indirettamente l’equilibrio delle finanze pubbliche e per suggerire di calibrare impegni e risorse. Purtroppo i governi non si sono mai peritati di attenersi al dettato. Di qui, la necessità di riscrivere l’articolo, indicando l’obiettivo del pareggio di bilancio (equilibrio fra entrate e uscite) «aggiustato» per l’andamento del ciclo economico. La norma prevedeva le regole per l’eccezione: un voto del Parlamento a maggioranza assoluta basta per decidere che ci si trova in circostanze eccezionali, e fare deficit. Infatti, da quando l’articolo è stato modificato non c’è stato un anno solo in cui le Camere si siano fatte scrupolo di farci indebitare di più.
Siamo uno dei Paesi al mondo con la pressione fiscale e la spesa pubblica più elevata. Il fatto che ogni anno sia necessario spendere un po’ di più dovrebbe farci venire qualche dubbio. I fini per cui spendiamo possono essere commendevoli, ma se non riusciamo a raggiungerli, pur impiegando allo scopo metà del Pil, dovremmo chiederci se stiamo davvero usando quelle risorse nel migliore dei modi. Chi difende deficit più elevati afferma implicitamente non solo una maggiore efficienza della spesa pubblica rispetto alla privata attuale, ma anche della spesa pubblica di oggi contro la spesa, privata o pubblica, di domani.
Stiamo prendendo a prestito quattrini dalle generazioni future. L’unica giustificazione per farlo è che, in tal modo, si producano benefici anche per gli italiani che ancora non sono venuti al mondo. Siamo sicuri che sia così? Che spostare risorse dal privato al pubblico e dal futuro al presente ne migliori l’impiego? I tedeschi hanno qualche dubbio. E per quanto il rigore fiscale di ieri consenta loro di avere più margini di manovra oggi, pensano che né la Repubblica federale né l’Ue debbano poter ipotecare il futuro dei loro figli. L’unico cappio è quello che l’irresponsabilità fiscale mette proprio al collo degli italiani di domani.
da L’Economia del Corriere della Sera, 18 dicembre 2023