Secondo Presidente della Repubblica, dal 1948 al 1955, Luigi Einaudi, scomparso da sessant’anni, ha lasciato un’importante eredità intellettuale. “Luigi Einaudi e la politica“, a cura di Alberto Giordano (IBL Libri, 12 euro, pp. 156) propone al lettore del ventunesimo secolo una sintetica ma significativa selezione degli scritti politici dell’economista e statista piemontese, affiancando alcuni saggi noti ma da tempo non più ristampati a interventi pressoché sconosciuti ma utilissimi per comprendere la centralità del suo pensiero riguardo ad alcune questioni ancora attualissime.
Einaudi affronta infatti dilemmi che attanagliano oggi più che mai le società democratiche in apparente declino: i confini tra decisioni individuali e decisioni collettive (tema di bruciante attualità pensando alla pandemia); le modalità di scelta della classe dirigente, compresa la legge elettorale (l’economista si pronunciò sempre a favore del sistema maggioritario); il rapporto tra democrazia ed economia, che secondo Einaudi deve venire impostato nel senso di garantire, a fianco dei diritti civili e politici, anche la libertà d’iniziativa, la quale però deve essere attentamente normata dal legislatore e affiancata da una seria attenzione alla questione sociale; la necessità di porre dei limiti costituzionali al predominio delle maggioranze numeriche, che devono sì governare ma non imporsi ad ogni costo escludendo la collaborazione con le opposizioni; la creazione e il mantenimento di un’opinione pubblica informata.
Infine, la più grande battaglia einaudiana: la creazione degli Stati Uniti d’Europa, una necessità fondata non solo e non tanto su ragioni di ordine economico ma in primo luogo di natura politica e culturale. Perché, come sottolinea Giordano, docente di Storia delle dottrine politiche e di Storia dell’opinione pubblica all’Università di Genova, per Einaudi «le istituzioni devono essere salde e interagire virtuosamente con i corpi intermedi e i cittadini ma senza mai vessarli o ridimensionarli, pena la perdita della ragion d’essere di una società libera».
da Il Secolo XIX, 9 gennaio 2022