Dal miracolo alla stagnazione. L'economista: incubo prezzi «L'Italia si salva liberalizzando»

Il ricercatore dell'IBL: «Bene ha fatto la Bce sui tassi: non ha altre armi a disposizione. Ma la ricetta non può essere soltanto quella»

18 Dicembre 2022

QN-Quotidiano Nazionale

Argomenti / Politiche pubbliche

Per gli artigiani di Mestre si sta per chiudere un anno straordinario, con una crescita superiore alle attese. Per la Confindustria sta per cominciare un 2023 all’insegna della stagnazione. Mentre la Bce alza i tassi, i prezzi continuano a correre e la borsa sprofonda. Carlo Stagnaro, economista, direttore ricerche e studi dell’istituto Bruno Leoni, think tank del pensiero liberale, qualche idea per trovare il bandolo della matassa in una situazione così caotica ce l’ha. E, nell’intervista a Qn, dà anche qualche consiglio alle famiglie e al governo per battere l’inflazione quasi a costo zero.

Professore, ci aiuti a capire: cosa succede alla nostra economia? Va tutto bene o dobbiamo prepararci al peggio?
«Sono vere entrambe le cose. Il 2022 è stato un anno con una crescita significativa, un po’ al di sotto del 4% ma superiore alle aspettative. È il frutto del rimbalzo conseguente al crollo del 2020. Ma anche il frutto di una sorprendente capacità di resilienza delle imprese italiane. Contemporaneamente, però, osserviamo segnali di rallentamento che si trascineranno nel 2023 e che sono conseguenza della situazione macroeconomica globale. Certo, non dipende da noi, ma sicuramente non potremo mangiare il panettone con tranquillità».

Ha ragione Confindustria che prevede la stagnazione?
«Avremo un anno caratterizzato da un’inflazione elevata, con i prezzi di alcuni prodotti che continueranno a correre. In questa situazione la Bce non potrà che continuare sulla strada già avviata di un aumento dei tassi».

Francoforte sta andando davvero nella giusta direzione?
«È una strada obbligata. Intanto perché il 50% dell’inflazione nasce dalla domanda, e da lì non si scappa. Ma anche perché in questa maniera la Bce dà un segnale chiaro agli operatori».

Veramente i mercati non l’hanno presa affatto bene.
«È difficile interpretare le reazioni di breve termine. È chiaro che un intervento di questo genere raffredda la crescita economica. È una scelta che non si prende a cuor leggero. Ma è come quando si deve curare un paziente con due malattie. Bisogna decidere qual è la cosa più urgente. E ora è più importante fermare l’inflazione».

La mossa della Bce non è piaciuta neanche ai risparmiatori. I mutui volano al 6%…
«Vero. Ma non dimentichiamo che ridurre l’inflazione tutela i lavoratori e chi ha redditi fissi. È una tassa molto feroce, selettiva e cattiva».

Ha fatto bene il governo ad alzare la voce con la Bce o si rischia di condizionarne l’autonomia?
«Per la verità non solo il governo. C’è stato un curioso coro destra-sinistra. Affermazioni sbagliate nel metodo e nel merito. La Bce non aveva molte alternative. Inoltre, essendo un soggetto indipendente, non ha margini discrezionali. Deve rispettare il suo mandato. È anche un fattore di trasparenza».

Ma che cosa si dovrebbe fare per frenare il carovita?
«Il 50% dell’inflazione ha origine nell’offerta. E, da questo punto di vista, ci sono tante cose da fare per frenare i prezzi. Per esempio, completare la liberalizzazione dei mercati dell’elettricità e del gas, sfruttando questo processo per avere sul mercato offerte più convenienti. Liberalizzare i farmaci di fascia C per consentire la vendita nelle parafarmacia. Mettere a gara il trasporto pubblico locale, un’operazione con il decreto approvato ieri. Poi, agire sulle semplificazioni, ad esempio per gli impianti rinnovabili. Se facessimo tutto questo avremmo un risparmio potenziale di almeno 900 euro all’anno per famiglia».

Ultima domanda: il governo è freddo sui fondi del Mes. Fa bene a non firmare il trattato?
«No, si tratta di un atteggiamento molto contraddittorio. Uno degli elementi necessari per mantenere solide la finanza pubblica è anche creare un’immagine di responsabilità e credibilità. Essere l’unico Paese europeo che ha deciso di mettersi di trasverso al trattato non fa certo bene ai nostri conti».

da QN-Quotidiano Nazionale, 18 dicembre 2022

oggi, 26 Dicembre 2024, il debito pubblico italiano ammonta a il debito pubblico oggi
0
    0
    Il tuo carrello
    Il tuo carrello è vuotoTorna al negozio
    Istituto Bruno Leoni