30 Maggio 2022
Corriere del Ticino
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Diritto e Regolamentazione Teoria e scienze sociali
In larga parte dell’Occidente la recessione globale è ormai alle porte, accompagnata da un aumento dei prezzi e dalla stagnazione di intere economie. Stanno venendo al pettine problemi strutturali correlati alla crescita del prelievo tributario, al moltiplicarsi di quelle norme che intralciano ogni impresa, a monete sempre più deboli perché inflazionate, a sistemi previdenziali orientati a privilegiare l’oggi e sacrificare il domani.
Non c’è dubbio che la pandemia e l’invasione russa dell’Ucraina hanno generato molti specifici danni alla vita economica, soprattutto in rapporto alla distribuzione dei beni e all’approvvigionamento energetico. Alla base di tutto, però, c’è la crisi strutturale di quelle che, già nel 1977, James Buchanan e Richard Wagner definirono «democrazie in deficit». In sostanza, nel corso degli ultimi decenni non solo si è abbandonata una corretta gestione della moneta, ma al tempo stesso gli Stati hanno consumato molte più risorse di quelle di cui disponevano. La stagflazione all’orizzonte è allora sì un fenomeno economico, destinato a fare soffrire molti e soprattutto i più deboli, ma non unicamente tale.
Le radici più profonde delle difficoltà del sistema produttivo, infatti, sono giuridiche e culturali, dato che si sono accantonati principi che un tempo erano considerati del tutto fondamentali: dalla proprietà al contratto. In considerazione di ciò, se ci si vuole fare il possibile per evitare che il mondo si faccia sempre più povero e conflittuale è necessario riscoprire quei valori che in passato sono stati tanto importanti. Al momento, però, non è ragionevole essere ottimisti. Se si considera, in particolare, quanto avviene nell’Unione europea è evidente che le soluzioni individuate non sono per nulla adeguate.
Il varo del NextGenerationEU rappresenta un insieme di investimenti pubblici sugli 800 miliardi di euro che ha l’esplicito obiettivo di realizzare «un’Europa più sana, più verde e più digitale» (per usare le formule del sito ufficiale). In sostanza, tutto nasce da una visione dirigista che è destinata a creare un pericolosissimo intreccio tra pubblico e privato, aggravando le difficoltà che vorrebbe risolvere, dato che impone in quale direzione la società deve muoversi e rafforza lo strapotere del ceto politico-burocratico e di quanti vivono nella sua ombra.
Se vuole cambiare direzione, l’Occidente deve invece comprendere le ragioni che in passato gli hanno permesso di crescere. Si tratta allora di riscoprire il diritto nei suoi elementi essenziali (a partire dalla tutela del diritto di proprietà e degli impegni liberamente sottoscritti), garantendo stabilità al quadro normativo. Uno dei principali problemi che affliggono le nostre società di tradizione europea, in effetti, è l’instabilità del quadro regolatorio, anche a seguito di una frequente drammatizzazione che permette alla politica di evocare di continuo la necessità di situazioni di emergenza: per sconfiggere il fondamentalismo, fronteggiare la crisi finanziaria, superare l’epidemia, contrastare il disordine internazionale.
Come Carl Schmitt ha insegnato, il potere moderno ha il suo cuore nella sovranità e quest’ultima tende a produrre un potere che si dilata grazie a logiche emergenziali, dal momento che sovrano è colui che decide in stato di eccezione. Ne discende che oggi non possiamo sapere entro quale universo di regole ci troveremo a operare fra sei mesi, poiché c’è chi in ogni momento può annullare le regole attuali e imporne di diverse. Questo conduce ad annichilire ogni libertà d’iniziativa e genera un’incertezza di fondo che ostacola la possibilità di fare e decidere.
Quando non posso sapere se l’attività che ora voglio avviare sarà ancora lecita in futuro, mi trovo nell’impossibilità d’investire tempo e denaro. Rivitalizzare il diritto, cercando di tornare al più presto entro un quadro di ordinarietà, è quindi indispensabile anche per far fronte alle difficoltà delle imprese e delle famiglie. Scorciatoie non ve ne sono.
dal Corriere del Ticino, 27 maggio 2022