20 Febbraio 2023
L'Economia – Corriere della Sera
Alberto Mingardi
Direttore Generale
Argomenti / Ambiente e Energia Politiche pubbliche
La scorsa settimana il Parlamento europeo ha votato per confermare la messa al bando a partire dal 2035 delle autovetture a motore termico. È uno strano consesso. Come ha ricordato Angelo Panebianco sul Corriere della Sera, gli elettori non lo votano pensando a temi «europei» ma in base al dibattito nazionale. Il rapporto fra eletti e cittadini è sfilacciato. Anche per questo l’Europarlamento ha bisogno di farsi vedere. Così, ha preso la strada del virtue signalling: dichiarazioni di principio, per dimostrare che sta dalla parte dei «buoni». I buoni in questo caso sono quelli che dichiarano che dobbiamo raggiungere la «neutralità climatica» entro il 2050. Come?
Le persone non guidano automobili a motore termico perché desiderano inquinare, e nemmeno perché non sanno che inquinano. Le acquistano perché sono il mezzo di trasporto che più assicura loro libertà di movimento: soprattutto se vivono in periferia o fuori dai grandi centri. L’alternativa elettrica è più costosa e non in grado di battere l’auto tradizionale (in termini di autonomia o di tempi di ricarica). Di questa libertà di movimento, fa parte la possibilità di rifornirsi di carburante quando ve ne sia bisogno, grazie a una fitta rete di distributori.
Le autovetture di oggi sono diverse da quelle di vent’anni fa ma l’esistenza di un ricco mercato dell’usato consente una grande flessibilità di consumi. Tuffi abbiamo imparato a guidare su auto usate che avevano visto molte battaglie, tutti abbiamo acquistato una macchina nuova per celebrare un traguardo raggiunto, magari l’abbiamo cambiata con una usata più grande, perché dovevamo affrontare distanze maggiori o trasportare una famiglia.
Un’Europa in cui non si producono più auto a motore termico è un’Europa in cui si rattrappisce la rete dei distributori di benzina, i meccanici abbassano la saracinesca e piano piano si spegne il mercato dell’usato. Ci hanno pensato, i parlamentari europei? Si direbbe di no. Del resto, tutto è concentrato sull’obiettivo supremo: finire nella foto di gruppo dei «buoni». È il caso di un professionista della politica come Guy Verhofstadt: le imprese e la scienza hanno bisogno di una «direzione», ha scritto facendo il verso a Mariana Mazzucato, e meno male che ci pensa l’Europa.
Non sarebbe bellissimo, se la scienza e le imprese fossero lì, «a disposizione», pronte a farsi interpreti di qualsiasi luminoso desiderio dei nostri europarlamentari? L’impressione è che si faccia confusione fra Alexa e il genio della lampada. Lo storico Vaclav Smil è l’autore che più in questi anni ha studiato le «transizioni» (demografica, economica, energetica). Smil è un pragmatico che crede che gli esseri umani debbano adattarsi a livelli di consumo decisamente più bassi, ma sa bene che tutto questo ha un costo. La cosa nella quale non crede è che le transizioni ecologiche avvengano con ordini dall’alto.
I combustibili fossili, ricorda Smil, forniscono oggi circa l’83% dell’energia commerciale mondiale, rispetto all’86% del 2000. Le nuove energie rinnovabili (eolica e solare) pesano (dopo circa due decenni di sviluppo) ancora meno del 6% dell’energia primaria mondiale. Quante possibilità ci sono che dopo essere passati dall’86% all’83% nei primi due decenni del XXI secolo, il mondo passi dall’83% a zero nei prossimi due decenni? Non molte.
Per Smil, il problema è essenzialmente di densità energetica: cioè la quantità di energia immagazzinata in una unità di volume. Che è elevatissima, per i combustibili fossili (che quindi in poco volume rilasciano molta energia), mentre le fonti cosiddette alternative tendono a disperdersi più facilmente. La transizione a fonti non fossili avverrà, se avverrà, perché ricerca e imprese avranno sviluppato alternative sostenibili sotto il profilo economico.
L’ossessione per le auto elettriche è puro virtue signalling. L’elettricità che utilizzano le automobili è sempre generata in qualche modo: in Francia dal nucleare, in altri Paesi dal gas naturale o dal carbone, oltre naturalmente dalle rinnovabili.
da L’Economia del Corriere della Sera, 20 febbraio 2023