27 Ottobre 2021
Corriere della Sera
Alberto Mingardi
Direttore Generale
Argomenti / Economia e Mercato
Solo poche settimane fa importanti politici italiani chiedevano a gran voce che Montepaschi non fosse «svenduta». Altro che svendita: le trattative fra Tesoro e UniCredit avevano per oggetto un doppio regalo, la banca e una dote per trasformare in sgravi fiscali i crediti di cattiva qualità e mantenere i livelli occupazionali. Bene ha fatto il Tesoro a mettere un punto. Il governo deve trattare con rispetto i quattrini del contribuente: le forze politiche discutono animatamente sulla possibilità di impiegare o meno otto miliardi per ridurre la pressione fiscale. A maggior ragione dovrebbero confrontarsi sull’opportunità di spenderne dieci per condurre in porto l’operazione che vede coinvolta la banca toscana.
È una questione, prima ancora che di strumenti, di priorità. Per uscire da Mps, rispettando gli impegni presi con la Commissione europea, si possono individuare diverse strategie: per esempio un’asta al ribasso (c’è qualcuno disponibile ad accollarsi la banca più vecchia del mondo per una cifra inferiore a quei dieci miliardi?) o il famigerato «spezzatino» (vendere gli asset dell’istituto singolarmente, cosa che di solito prelude a una maggiore valorizzazione).
Il problema non è la fantasia dei funzionari del Tesoro ma la volontà politica. L’impressione è che i partiti celebrino il fallimento dell’acquisizione da parte di UniCredit non perché la ritenessero troppo onerosa ma perché di nuovo potranno dire, stavolta magari tutti insieme, di «avere una banca». Che cosa ci guadagnano i cittadini? È un buon modo di investire i soldi di tutti?
È normale che il politico voglia spendere. Siccome neanche i quattrini del contribuente sono infiniti, dovrebbe però almeno argomentare perché propone una certa spesa. Qual è il vantaggio di impiegarli affinché Il Monte dei Paschi di Siena diventi l’embrione di un «polo bancario» statale? C’è un solo partito che abbia voglia di fare, di tanto in tanto, il «sindacato» dei contribuenti?
Una banca «pubblica» vuol dire, purtroppo, una banca i cui vertici sono nominati dai partiti. L’esperienza italiana, e quella del Monte Paschi in particolare, dovrebbe averci vaccinato contro l’idea che la politica sia un bravo banchiere. La memoria politica è più corta di quella immunologica.
dal Corriere della Sera, 27 ottobre 2021