Negozi, torna la stretta sugli orari. Ma lo shopping festivo piace di più

Non si comprende la resistenza di alcuni settori del commercio e dei sindacati alla liberalizzazione

2 Dicembre 2014

QN

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Il governo sta mettendo a punto un pacchetto di liberalizzazioni in vari settori, partendo dai servizi postali e dalle parafarmacie. La lenzuolata è stata annunciata la scorsa settimana dal ministro dello Sviluppo, Federica Guidi, che sta curando il dossier. Nel mirino ci sarebbero anche i settori dell’energia, le banche e le professioni.
Secondo l’Indice delle liberalizzazioni 2014 stilato dall’Istituto Bruno Leoni, il paese più liberalizzato d’Europa e il Regno Unito, con un punteggio del 94%, seguito da Paesi Bassi, Spagna e Svezia (79%). La classifica dei paesi più aperti alla concorrenza è chiusa dalla Grecia (58%), preceduta da Francia, Danimarca e Italia (66%). Per quel che riguarda l’Italia, dei dieci settori esaminati quello più liberalizzato sono le telecomunicazioni (86%), seguite da mercato elettrico (81%) e televisioni (75%), settore però dove il nostro paese occupa l’ultima posizione in Europa. I settori meno liberalizzati sono invece il trasporto ferroviario (48%), i carburanti (57%) e le poste (59%).

Agli italiani piace sempre di più fare la spesa la domenica e nei giorni festivi. E non solo in un mese particolare per lo shopping, come quello di dicembre. Ma se aumenta la percentuale (67% contro il 65% di due anni fa) di chi dichiara di essere favorevole alla liberalizzazione delle aperture domenicali e festive di negozi, supermercati e centri commerciali, la politica, ancora una volta, sembra andare controcorrente e anche in retromarcia, frenata dalle solite, italiche, resistenze delle lobby.

Il decreto ‘Salva Italia’, uno dei primi provvedimenti varati dal governo Monti, aveva liberalizzato l’orario di apertura delle attività commerciali togliendo vincoli e lacciuoli di Comuni e Regioni e demandando alla scelta degli imprenditori quando aprire o tenere chiuso il punto vendita. Il disegno di legge Senaldi ha invece tentato di reintrodurre una serie di limiti. All’inizio del percorso parlamentare, avverte Giovanni Cobolli Gigli, presidente dì Federdistribuzione, l’associazione che raggruppa le principali insegne alimentari e non alimentari della Gdo, il dl prevedeva addirittura dodici chiusure festive all’anno, sei delle quali potevano essere cambiate in base alle decisioni dei Comuni. Il testo, uscito dalla Camera, è stato parzialmente corretto dando la possibilità che sei delle dodici chiusure siano derogate in base alla scelta del negoziante. «Ma il nostro auspicio avverte Cobolli Gigli è che al Senato vengano ripristinate le norme originali del Salva Italia riconoscendo piena libertà agli operatori commerciali sugli orari».

Del resto è quello che chiedono la maggior parte degli italiani e anche l’Antitrust, il cui parere ha pesato sulle correzioni adottate a Montecitorio. Federdistribuzione ha realizzato, con Ispo, un sondaggio (dopo quello del 2012) sulle liberalizzazioni. E i risultati non lasciano spazio a dubbi. Rispetto al 2012, la percentuale di chi si dichiara favorevole alle aperture domenicali e festive è cresciuta dal 65 al 67%, quasi sette italiani su dieci. Più o meno identica la quota (66%) di chi considera la libertà di apertura festiva un naturale processo di evoluzione sociale mentre si riduce chi la giudica un brusco cambiamento. Opinione diffusa soprattutto nelle fasce di popolazione con una minore scolarità, di età più anziana e residente al Nord Est. Il 63% degli intervistati non vorrebbe tornate indietro e ben il 68% dichiara di fare acquisti la domenica (per il 48% è un’abitudine) comprando soprattutto in supermercati (41%), centri commerciali (32%), punti vendita non food (10%), discount, outlet e negozi (9%). Apprezzando la comodità degli acquisti festivi considerati anche un modo per vivacizzare i centri storici.

«Non si capisce quindi – chiosa il presidente di Federdistribuzione – la resistenza di alcuni settori del commercio e dei sindacati alla liberalizzazione degli orari specialmente in un periodo in cui la crisi continua a deprimere i consumi e alla vigilia di un periodo natalizio nel quale, se le vendite si mantenessero ai livelli dello scorso anno, sarebbe già un positivo»

Da QN, 1 dicembre 2014

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