Quanto è difficile tagliare la spesa pubblica in Italia? Si è tenuta lunedì a Milano la “lectio Minghetti” organizzata dall’Istituto Bruno Leoni, in occasione della quale è intervenuto l’ormai ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, in procinto di ritornare in America, dopo aver ultimato il lavoro per cui l’allora presidente del Consiglio Enrico Letta l’aveva nominato: elaborare un serio piano di riduzione della spesa pubblica, ponendo in essere principi di maggiore efficienza, trasparenza ed economicità nella pubblica amministrazione. E se una cosa è certa è che del suo assai più ambizioso piano, il governo italiano è stato capace di realizzarne solo una parte a causa dell’inevitabile resistenza delle istituzioni ad essere riformate e per il mutato contesto politico italiano ed europeo.
L’1 PER CENTO DI RISPARMI
Prima i numeri. La proposta di spending review avanzata dall’allora neo commissario Carlo Cottarelli, come ha ricordato lui stesso, era di realizzare «interventi per 32 miliardi di euro di risparmio». Siamo scesi a una cifra, non ancora ben specificata, compresa tra gli 8 e i 14 miliardi di euro. «Sempre che gli Enti locali facciano la loro parte», ha precisato Cottarelli. Che tradotto significa: se Regioni, Province e Comuni saranno in grado di fare i tagli che competono queste istituzioni per complessivi 6 miliardi di euro. Senza aumentare i tributi locali, s’intende. Ebbene, la prima amara evidenza è che la spending review è scesa da un potenziale impatto pari al 4 per cento degli 800 miliardi di spesa pubblica a un misero 1 per cento oppure, nella migliore delle ipotesi, 1,75 per cento. Senza contare che l’iniziale vincolo di non impiegare le risorse della spending per finanziare nuova spesa pubblica, con il bonus 80 euro di Renzi, è stato cancellato. Legittimamente, certo, ma va detto.
Leggi il resto su Tempi, 29 ottobre 2014