Non solo «disonestà» e «precari»

Piccolo promemoria al Papa in difesa degli imprenditori

29 Febbraio 2016

Il Giornale

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Ricevendo una delegazione di imprenditori in occasione del Giubileo dedicato all’industria, Papa Bergoglio ha invitato a evitare che troppi giovani si trovino a disporre di un lavoro precario, che troppe aziende vivano di privilegi e favoritismi, che non trionfi un triste egoismo dominato da sete di guadagno. Una parte delle considerazioni del Pontefice è sottoscrivibile, ma ci sono alcuni elementi che lasciano una sensazione piuttosto sgradevole.

Innanzi tutto, il Papa è sembrato opporre giustizia e mercato, libertà umana e libertà economica. Si tratta di una posizione condivisa dall’intellighenzia antiliberale che domina università e giornali, ma essa è viziata dall’incomprensione del fatto che l’uomo può essere veramente libero solo se i soggetti (persone, famiglie, chiese, imprese, associazioni) dispongono in piena autonomia delle proprie risorse e del diritto a negoziare con gli altri. In una società in cui la rapacità del ceto politico-burocratico aggredisce quasi senza limiti il diritto contrattuale e la proprietà privata (con una tassazione da rapina), nessuna libertà è più possibile. E su questo tema aveva scritto pagine formidabili, non a caso, il Pontefice «venuto da lontano», che tanto direttamente aveva conosciuto le devastazioni dello statalismo: Giovanni Paolo II.

Oltre a questo, non si è sentita nelle parole di Papa Francesco una comprensione della specifica creatività dell’agire imprenditoriale: di quella capacità di mettersi al servizio della gente e delle sue esigenze che è al cuore di ogni attività di mercato, la quale sopravvive solo se ha il consenso del pubblico. Le imprese (quelle industriali, ma anche cliniche, scuole, ecc.) non esistono primariamente per creare posti di lavoro: esse esistono per andare incontro ai bisogni della società. E devono farlo in un quadro di pluralismo concorrenziale che in ogni momento permetta ai consumatori di confermare loro la propria fiducia oppure no.

Per giunta, chi oggi rappresenta degnamente o no il mondo delle imprese nel suo complesso, rappresenta soprattutto un universo di vittime. Il numero di imprenditori che in questi anni è stato costretto a suicidarsi a causa della persecuzione tributaria di uno Stato sprecone e vicino al fallimento è altissimo e cresce di continuo, anche se troppa politica sembra ignorarlo.

Senza dubbio chiunque deve essere chiamato a migliorare e ad agire nell’interesse della società: gli imprenditori come gli altri. Ma l’Italia è un Paese che regge ancora grazie all’eroismo di chi alla guida della propria attività continua a resistere nonostante il livello abnorme della tassazione, l’arroganza della burocrazia, la follia della regolamentazione.

Questo Pontefice, in un’occasione molto nota, ha dichiarato di non voler giudicare il prossimo: da cristiano, non vuole condannare il proprio fratello. È importante che questa regola valga anche di fronte a chi, in una situazione del tutto avversa, continua a fare il proprio dovere e a sperare di dare un futuro alle generazioni a venire.

Da Il Giornale, 28 febbraio 2016

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