Perché ora occorre una risposta europea

Come scrive l'IBL, per tagliare le bollette della luce e del gas non dobbiamo spingere il Paese nel baratro del default

7 Settembre 2022

Avvenire

Giuseppe Pennisi

Argomenti / Politiche pubbliche

Dalla riunione del Consiglio “straordinario” dei ministri europei per l’energia in programma per giovedì 9 settembre dovrebbero sorgere le linee di una nuova politica energetica europea. Dovrebbe essere un segno concreto di coesione e, quindi, di forza dell’Unione europea (Ue), ma si ha l’impressione che ogni Stato vada per conto proprio e che in generale si dia maggiore attenzione all’aumento della spesa pubblica per alleviare l’onere su famiglie ed imprese in generale che ad effettuare chiare scelte di politica economica e sociale.

In termini di spesa per alleggerire l’aumento dei prezzi dell’energia, secondo un’analisi del centro di ricerca Bruegel, l’Italia è al terzo posto, dopo Grecia e Lituania. La graduatoria potrebbe cambiare per la manovra da 65 miliardi di euro annunciata dalla Germania, finanziata in gran misura aumentando temporaneamente le imposte sugli extraprofitti di imprese del settore energetico. La manovra tedesca è indirizzato a portare sollievo a famiglie a reddito basso o medio basso e ad imprese piccole e medio piccole (la cui produzione richiede un forte consumo di energia). Altrimenti avverte un recente studio del Fondo monetario internazionale si finisce per fare regalie a famiglie floride, e anche ricche, che potrebbero sostenere l’aumento delle bollette. In un Paese come l’Italia aggiungiamo si rischia di finire con il sovvenzionare gli evasori e abituare grandi imprese a sussidi di cui non avrebbero bisogno se gestite in modo efficiente.

Sulla stessa linea uno studio dell’Istituto Bruno Leoni pubblicato il 6 settembre: «I partiti dovrebbero rispondere a tre domande: i) quanto spendere? ii) come allocare la spesa tra le varie tipologie di consumatori? iii) come finanziare la spesa? Soprattutto per un paese fortemente indebitato come l’Italia, è cruciale declinare le politiche di aiuto in modo compatibile con i vincoli di finanza pubblica: non faremmo un buon affare se, per tagliare di qualche punto le bollette della luce e del gas, spingessimo il Paese nel baratro del default».

Daniel Yerding, vice presidente di S&P e noto esperto del mercato energetico ricorda come numerosi impianti di produzione di energia in Europa ora messi a riposo (nucleare in Francia, gas nell’Adriatico di competenza italiana) potrebbero essere facilmente attivati, riducendo l’arma di ricatto data alla Russia di Putin. In effetti, come ha scritto di recente Paul Krugman sul New York Times, ci sono ottime ragioni sociali «per derogare temporaneamente alle regole del mercato».

Lo dice lo stesso Fmi: «Misure temporanee che fermano l’aumento dei prezzi o ne limitano gli impatti sono una risposta accettabile a choc di breve periodo in Paesi che hanno un’ampia capacità di bilancio». Questo potrebbe essere il filo conduttore della strategia europea che dovrebbe scaturire dal Consiglio straordinario del 9 settembre. Sorge, ovviamente, subito un problema: la Germania ha l’ampia «capacità di bilancio» di cui parla il Fmi, ma non la Grecia, l’Italia, la Spagna, la Francia e tanti altri. Potrebbe pensarsi ad un programma europeo finanziato in parte con eurobond?

da Avvenire, 7 settembre 2022

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