Odissea SPID

Una Pubblica Amministrazione ancora ferma al palo di formule e inscalfibili riti da carta bollata

17 Aprile 2018

IBL

Argomenti / Politiche pubbliche

Da ieri è possibile accedere alla dichiarazione precompilata dei redditi tramite il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID).

Le premesse di una piccola rivoluzione nel disbrigo delle pratiche burocratiche a cui siamo chiamati ci sarebbero tutte: SPID promette di garantire con un’unica password l’accesso a tutti i servizi on line della PA, da tutti i devices. Richiedere uno standard comune di accreditamento e identificazione è un’idea buona da essere quasi banale.

Ancora migliore è l’idea che non debba essere necessariamente un ministero o un qualche ente pubblico a rilasciare le credenziali per l’accesso, ma che – all’interno degli standard individuati dallo Stato – ci possano essere soggetti privati che intervengono a fornire il servizio.

Dall’idea alla realizzazione, tuttavia, c’è una certa distanza, la stessa che passa dagli slogan di una PA che si innova alla realtà di un’innovazione della PA che resta al palo di formule e inscalfibili riti da carta bollata.

Se non siete un professionista già in possesso di una firma digitale, se siete un semplice cittadino, magari CON una casella PEC (e che, dunque, ha già effettuato un procedimento che richiede una identificazione mediante trasmissione dei propri documento di identità in corso di validità) e di una firma digitale privata, può passarvi la voglia di accedere a SPID.

Dopo una prima registrazione con selezione di nome utente e password, dovete effettuare il riconoscimento personale a fini di identificazione, che funziona più o meno come segue. Anzitutto dovete essere sicuri di essere in regola con hardware e software di casa. Già, perché bisogna che siano in linea con la (stringentissima) combinazione tra sistema operativo (se si ha un Mac, è già dura) e browser (Chrome non è gradito), impostazioni del firewall (il primo tentativo da rete aziendale aveva imperforabili blocchi al video in arrivo) e risoluzione della webcam. Esatto! Serve la webcam, perché il processo di identificazione si conclude con un appuntamento preso (in orario lavorativo!) con un operatore al quale mostrare (via webcam!): 1. il documento che avete inserito in fase di identificazione (sì, dovete far vedere la carta d’identità via webcam); 2. la tessera sanitaria; 3. il vostro volto accanto alla foto del documento.

Nulla da fare se volete registrati con uno smartphone, perché alla prova fatta, la videocamera frontale, il tipo di risoluzione e messa a fuoco non permettono di mostrare adeguatamente all’operatore i dati riportati sulla carta d’identità (e poi le scritte sulla nuova carta di identità formato tessera sono veramente piccole!).

Insomma, bisogna esibire i documenti a un operatore fisico via webcam, mostrando che non siano contraffatti e che la foto effettivamente vi somiglia. Viene chiesto anche di flettere la tessera sanitaria e la carta di identità, per mostrare che – almeno a quanto si capisce via webcam – non siano riproduzioni, magari fedeli ma su supporti che non hanno la stessa elasticità alla flessione.

Il tutto in un sistema che – per chi ha fatto la nuova carta d’identità elettronica – già ha in database le impronte digitali, l’impronta del volto e la firma.

Nel frattempo, se pensavate di ricorrere a SPID per cambiare medico di base o per inviare il 730 precompilato, probabilmente avete fatto prima ad andare direttamente alla ASL o a rivolgervi al più vicino Caf.

17 aprile 2018

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