Vero, siamo ancora in crisi economica. Non riusciamo a sostenere i poveri migranti che guerre e dittature costringono a fuggire dai loro Paesi. I nostri figli faticano il doppio di noi a trovare un lavoro. E noi donne non solo non abbiamo mai sfondato il soffitto di cristallo, ma siamo ancora vittime di femminicidi e soprusi. Eppure, fa bene ogni tanto ricordarsi che l’umanità non è mai stata meglio di oggi. Perché rivendicare giustizia e diritti ci aiuta a ottenerli, ma non può e non deve diventare un lamento, una scusa per rimpiangere il passato e sprofondare in una visione pessimista del presente. Ne è certo il filosofo svedese Johan Norberg, che nel saggio Progresso. Dieci motivi per guardare al futuro con fiducia (IBL Libri), ci ricorda – dati alla mano – che veniamo da tempi dove povertà, malattie, mortalità, mancanza di igiene e di cibo ci costringevano a vivere in un mondo orribile. Ecco 10 temi su cui riflettere.
1. Fame nel mondo? Passi da gigante
La fame nel mondo esiste ancora, ma non è nulla in confronto a quella che abbiamo patito tutti fino a pochi secoli fa: gli inglesi e i francesi del 17° secolo assumevano meno calorie della media attuale dell’Africa subsahariana, oggi prima zona del mondo per malnutrizione. Se si mangiava poco non c’erano le forze neppure per lavorare e questo significava poche risorse, poca produzione, poco cibo. Ne siamo usciti con il progresso: grazie alla maggiore libertà, i contadini hanno cominciato a lavorare i propri campi, aumentando la produttività. l’apertura dei confini ha favorito il commercio, le innovazioni tecnologiche e le scoperte scientifiche consentono a una mietitrebbia di trebbiare una tonnellata di grano in sei minuti, mentre 150 anni occorreva un giorno di lavoro di 25 uomini. La produttività è aumentata di 2.500 volte. Negli ultimi 10 anni la malnutrizione si è ridotta a poco più del 10 per cento della popolazione, dal 50 che era nel 1945. E le morti per carestia del secolo scorso sono state un cinquantesimo di quelle dell’800.
2. Acqua corrente e igiene, conquiste per la salute
Nell’800 non c’erano le fogne e si moriva di diarrea. L’igiene, infatti, compresa l’acqua potabile, è una conquista relativamente recente, se si pensa che le morti per diarrea nel mondo sono state ridotte da 1,5 milioni del 1990 a 622mila del 2012. Il primo water fu inventato per la regina Elisabetta I nel 1596 e nella New York di fine ‘800 solo nel 2 per cento delle case c’erano tubature dell’acqua. Soltanto tra il 19° secolo e l’inizio del 20° molte città si dotarono di reti idriche e fognarie moderne e fu il benessere e rendere possibili questi investimenti: negli ultimi 25 anni la popolazione servita da reti idriche è aumentata dal 51 al 91 per cento.
3. Addio peste, tbc. E si vive il doppio
Morivamo giovani perché vivevamo in case umide, dormivamo per terra, le donne venivano uccise dal parto o i neonati non sopravvivevano. La peste a metà del Quattrocento falcidiò un quarto della popolazione europea. Due secoli dopo arrivò la tubercolosi e poi il vaiolo. I medici si affidavano alle sanguisughe: all’inizio dell’Ottocento l’aspettativa di vita in Europa era di 33 anni. Poi, in pochissimo tempo, siamo riusciti a vivere fino a 72 anni nella media mondiale, che salgono agli attuali 82 dell’Italia.
4. L’economia ha fatto passi da gigante
Secondo calcoli di storici ed economisti, dall’anno zero al 1800 il Pil mondiale è aumentato solo del 50 per cento. Con la rivoluzione industriale è cresciuta la produttività e di conseguenza il reddito delle persone, i salari sono aumentati del 100 per cento e negli Anni ’50 la povertà estrema si poteva dire sconfitta in quasi tutti i Paesi dell’Europa occidentale. Poi è partita la fase di arricchimento dei Paesi asiatici, quindi di India e Cina la cui economia si è moltiplicata quasi 20 volte. Certo, le sperequazioni sono forti, ma il benessere medio diffuso è alto.
5. La violenza è scemata potentemente
L’11 settembre, la guerra in Iraq, quella in Afghanistan, in Siria, l’Isis, gli attacchi terroristici alle principali città europee: è innegabile, viviamo in un mondo violento. Ma è niente rispetto alla Storia, dove guerre, saccheggi e abusi di ogni tipo erano molto più diffusi. Dai poemi epici alle battaglie romane, dalle torture dell’Inquisizione al tasso di omicidi nei secoli passati, le nostre radici grondano di sangue. Nel 20° secolo le morti violente (comprese quelle sul campo di battaglia) erano 60 ogni 100 abitanti, ai giorni nostri ce n’è una ogni 100mila. La civilizzazione, l’alfabetizzazione, le democrazie hanno favorito il processo di pacificazione, garantito da leggi e governi che si ispirano a sentimenti umanitari: oggi tutti sappiamo che la guerra è immorale e incivile.
6. Inversione di rotta sull’inquinamento
Non c’è dubbio che il tributo pagato all’ambiente sia stato altissimo. Si è ridotta la povertà, ma sono aumentate le emissioni con danni ad aria, fiumi, laghi, polmoni verdi e umani, siamo davanti al problema concreto del surriscaldamento globale. È il prezzo del progresso, ma non si sono realizzati gli scenari drammatici temuti negli Anni ’70: il mondo in cui viviamo è anche il risultato di uno sforzo comune per evitare quelle catastrofi. Negli Stati Uniti le emissioni complessive delle sei principali sostanze inquinanti dell’aria si sono ridotte di oltre due terzi. Idem in Gran Bretagna e in tutti i Paesi europei. La consapevolezza dei rischi ci ha offerto lo stimolo per agire, nel nostro ruolo di consumatori ed elettori.
7. Studiamo per garantirci un futuro
Duecento anni fa solo il 12 per cento della popolazione mondiale sapeva leggere e scrivere, perché era interesse delle élite mantenere l’ignoranza tra le classi più povere. E statene certe, c’erano ben poche donne tra le letterate. Le cose sono cambiate dal 1850 con l’istruzione elementare obbligatoria. Solo alla fine del 19° secolo in Europa occidentale, Stati Uniti e Canada, quasi il 90 per cento dei bambini andava a scuola. E sono state soprattutto le donne a beneficiare dell’espansione dell’istruzione. Oggi nel mondo il 14 per cento non sa leggere né scrivere, ma nel 1800 gli analfabeti erano 88 su 100. In Italia nel 2015 il tasso di alfabetizzazione era del 99 per cento (ultimo è il Niger con il 19).
8. La democrazia è in mezzo mondo
All’inizio nel ‘900 in nessun Paese si poteva votare, nel 2000 il 58 per cento ha avuto libere elezioni e nel 2015 il 63 per cento degli Stati mondiali ha un governo democraticamente eletto. La libertà di voto sta crescendo in tutto il mondo.
9. La parità di diritti migliora
Essere in democrazia non garantisce necessariamente diritti liberali per i cittadini, perché le discriminazioni possono convivere con un sistema che si dice democratico, ma lo è solo a parole. In molti Paesi nel recente passato razzismo, xenofobia, omofobia, discriminazione di genere sono stati parte della cultura di governo. Ma sempre di più la tolleranza sta diventando un sentimento maggioritario, soprattutto dove c’è benessere. Lo confermano le ricerche: i periodi di progresso economico hanno favorito l’apertura mentale e la parità dei diritti. Nel corso del diciannovesimo secolo le barriere sono iniziate a cadere grazie all’innescarsi di un circolo virtuoso, con le conquiste fondamentali dei movimenti femministi e, oggi, Lgbtq+ (persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e tutto il resto).
10. Il lavoro minorile si è ridotto
Nella prima metà del 19° secolo, i bambini più poveri iniziavano a lavorare a sette anni. In due secoli abbiamo cambiato il mondo. Le stime ci dicono che in un arco di appena 12 anni, il numero di ragazzine costrette a lavorare ha subito una riduzione del 40 per cento e il numero di maschi del 25. Tra il 2000 e il 2012, la percentuale di minori dai cinque agli 11 anni d’età impiegati in lavori rischiosi si è ridotta ancora al 3,1 per cento. Tutto ciò va di pari passo con l’aspettativa che i nostri figli, e quelli della Terra, vivranno più sani, più a lungo e più felici.
da F, 6 marzo 2019