3 Maggio 2023
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Politiche pubbliche
Dinanzi a una crisi che colpisce soprattutto le fasce più deboli della società, il governo Meloni è intervenuto sul cuneo fiscale là dove riguarda proprio i redditi inferiori. Se si vuole aiutare chi sta male, d’altra parte, è molto meglio ridurre il prelievo su quanti producono ma guadagnano poco, invece che dare denaro a chi non fa nulla.
Ora però l’esecutivo è chiamato a rispettare gli impegni presi con l’elettorato: con quella componente liberale della società che vorrebbe un cambio di direzione e con quel ceto medio che sta egualmente pagando un costo assai alto a causa dell’impennata dei prezzi. Le condizioni di chi è senza lavoro o ha redditi modesti, d’altra parte, sono molto dipendenti da quelle di chi sta meglio, perché quando declina la borghesia è l’intera società che ne risente in maniera significativa.
Oltre a ciò, quanti sono consapevoli della gravità della situazione devono fare il possibile per risvegliare il dinamismo e lo spirito d’iniziativa. Per questo non solo è urgente ampliare l’area di quanti potranno godere di imposte più contenute, ma in più bisogna disboscare quella fitta giungla di leggi e regolamenti che ostacolano chi voglia intraprendere e realizzare profitti.
In Italia da decenni si assiste alla diminuzione del numero delle imprese: abbiamo quindi da affrontare non soltanto una grave crisi demografica, ma pure una costante moria delle aziende. In qualche settore è comprensibile che ciò accada (per ragioni tecnologiche o d’altro tipo), ma in linea di massima tale fenomeno ci dice che sta venendo meno la stessa possibilità di guardare con coraggio al futuro.
Il governo potrà dire di avere avuto successo quando non si guarderà più all’apertura di una partita Iva come a una sciagura da evitare assolutamente. Per questo è urgente che non soltanto si smetta di considerare le imprese alla stregua di mucche da mungere, ma anche quali soggetti da regolare in tutti i modi. Lo spirito burocratico dell’Italia di oggi è incompatibile con la cultura imprenditoriale e senza un ceto medio capace di rischiare e innovare non c’è futuro.
Le strade per uscire dalla trappola in cui ci troviamo sono note. Ovunque possiamo rinvenire quelle che vengono chiamate best practices, ossia esperienze concrete che hanno prodotto risultati eccellenti. È noto che in Germania ogni intervento edilizio all’interno della propria abitazione non esige autorizzazione pubblica; perché non si fa lo stesso da noi? Sappiamo quanto è diverso il mercato del lavoro in Danimarca; perché non replichiamo il modello? In Svizzera un avvocato può svolgere pure l’attività del notaio; non sarebbe il caso di rendere legittimo pure a Milano ciò che lo è già a Lugano?
Nei primi vent’anni successivi alla fine della guerra, l’Italia ha conosciuto un formidabile sviluppo e uno dei motivi, oltre alla bassa fiscalità, era proprio la semplicità dell’ordinamento. Se non si riparte da lì, difficilmente si potrà risalire la china.
da Il Giornale, 3 maggio 2023