La ripartenza economica italiana passa dal restringimento del perimetro dello Stato e dalla ridefinizione del rapporto con le imprese, i lavoratori e i corpi intermedi. In pratica, è come se dovessimo riavvolgere il nastro e tornare all’immediato secondo Dopoguerra, quando il nostro Paese riuscì a rilanciarsi in grande stile grazie alla decisione delle classi politiche di allora «di lasciare le briglie lasche alla società italiana, perché questa potesse riprendersi dalla sberla della guerra». Ne sono convinti Alberto Mingardi e Maurizio Sacconi, in queste settimane in libreria con il saggio dal titolo «Stato essenziale, società vitale. Appunti sussidiari per l’Italia che verrà» pubblicato da Edizioni Studium.
Il direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni e l’ex ministro del Lavoro hanno scritto un libro denso di proposte e suggerimenti per il governo di centrodestra guidato da Giorgia Meloni – dalla necessità di contenere il debito pubblico a quella di rivedere, se necessario in profondità, il Piano nazionale di ripresa e resilienza – alla cui base c’è la convinzione che l’intervento pubblico negli ultimi anni, anche per via della pandemia, sia divenuto troppo esteso e invasivo. Un’evoluzione, o forse involuzione, che ha rattrappito l’Italia e la sua economia, senza consentirle di sprigionare tutte le energie positive di cui dispone in abbondanza: «Dobbiamo guardarci indietro e apprendere, con le innovazioni necessarie per questi tempi nuovi, la grande lezione del nostro dopoguerra, di quel periodo straordinario nel quale, in una manciata di anni, la cultura dello sforzo, della fatica e del lavoro ha fatto la ricchezza sulla quale a lungo abbiamo poi vissuto».
«Lo Stato essenziale è il solo che può funzionare», continuano nel libro Mingardi e Sacconi, per i quali la scommessa da fare è «sul privato, sulla società italiana, sulla persona e sulla famiglia, sull’associazione e sull’impresa». Un approccio che in termini economici vuol dire meno dirigismo e meno regolazione e più fiducia nella capacità delle persone, siano essi lavoratori privati o dipendenti pubblici, di raggiungere risultati positivi quando poste nelle condizioni di agire con libertà e capacità di organizzazione. «Una società responsabile non può essere una società dipendente dai pubblici poteri», è scritto nel volume che i due autori hanno scelto di aprire con una dedica altamente simbolica: «A coloro secondo i quali lo Stato non deve disturbare chi ha voglia di fare». L’Italia si prepara a questa nuova stagione?
da Il Tempo, 4 febbraio 2023