Intervista a Nicola Rossi: "Uno sbaglio pensare sempre ad alzare le imposte"
«Il dibattito sulla patrimoniale ha una fortissima componente ideologica che personalmente non considero con molto favore. Continuo a pensare che imporla sia la strada sbagliata». Nicola Rossi, economista, ex consigliere di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi e poi parlamentare del Pd, non condivide la proposta lanciata dall’ex ministra Elsa Fornero su questo giornale. E attacca il partito guidato da Elly Schlein: «Non riesce a esprimere una politica economica chiara».
Perché non le piace l’idea di una tassazione sulla proprietà immobiliare?
«Prima di parlare di qualunque tassazione bisogna sperimentare ogni possibilità di tagliare la spesa».
Secondo la professoressa Fornero la patrimoniale aiuterebbe i conti pubblici.
«Ritengo errato pensare che il problema della finanza pubblica trovi sempre e comunque soluzione in maggiori imposte. Dato il livello della nostra spesa, qualunque governo dovrebbe prima provare seriamente ad aggredire quello stock, cosa che finora nessuno ha mai fatto».
Tagliare la spesa pubblica, però, implica scelte politiche difficili e impopolari. Tutti ne parlano ma nessuno prende in mano le forbici.
«È proprio questo il punto. I governi devono assumersi la responsabilità di fare scelte, anche impopolari, difficili, dure. Io credo non sia accettabile che la politica scarichi sulle spalle dei cittadini la propria incapacità di scegliere. È diseducativo lasciare che questo accada. Da questo punto di vista segnalo che l’attività del governo Meloni che ha deciso di interrompere il Superbonus al 110%, e di rivedere profondamente il reddito di cittadinanza, va nella direzione giusta».
Non pensa che l’Italia sia afflitta da grandi disuguaglianze e si debba ragionare su come redistribuire la ricchezza?
«Un’ipotesi di una patrimoniale limitata a una componente della ricchezza è sbagliata, perché anch’essa è iniqua. La strada corretta è quella di tassare, all’interno dell’imposta personale, i proventi della ricchezza finanziaria o di quella reale. Se si vuole, si può scegliere una tassazione separata. Ma va fatta sui proventi, non sul valore del patrimonio».
Un’operazione che si poteva fare con la nuova Irpef mentre invece ci si è concentrati sulle tre aliquote. La riforma del fisco varata dal centrodestra è un’occasione persa?
«Una qualunque riforma fiscale degna di questo nome è un lavoro di legislatura. Io penso che un giudizio su questa riforma lo si potrà dare fra tre o quattro anni, quando il governo avrà avuto il tempo per portarla a termine. Valutare la riforma per quel che è accaduto nel primo anno è assolutamente prematuro».
L’opposizione sostiene che l’esecutivo non voglia portare avanti la lotta all’evasione. È d’accordo?
«Non mi sembra che l’atteggiamento esclusivamente punitivo abbia portato grandi frutti. Ciò che ha portato frutti significativi nella lotta all’evasione è l’utilizzo delle tecnologie, come la fatturazione elettronica. Non mi pare che da questo punto di vista la riforma fiscale faccia passi indietro, anzi, sono convinto che faccia dei passi avanti».
La patrimoniale è una misura di sinistra?
«A sinistra si pensa ancora che si debba fissare il livello di spesa pubblica e poi a seguire definire le tasse in modo tale da coprire quel livello di spesa. Ma questo è il regno dell’irresponsabilità della politica. Io ho una visione diversa: innanzitutto bisogna capire e chiedere ai cittadini quanto sono disposti a contribuire, su questa base si decide come spendere le risorse».
Perché il Pd non si espone sul tema della patrimoniale?
«Sul Pd mi permetto di dire solo una cosa: faccio veramente fatica a trovare un serio e rilevante argomento economico su cui si sia espresso con chiarezza negli ultimi tempi».
da La Stampa, 16 gennaio 2024