La patrimoniale è inutile senza i tagli

Prima di tassare gli immobili si deve riformare l'intero sistema fiscale


15 Gennaio 2024

La Stampa

Serena Sileoni

Argomenti / Politiche pubbliche

Sulle pagine di ieri della Stampa, la professoressa Elsa Fornero ha recuperato una proposta che torna periodicamente tra gli economisti più che tra i politici. L’imposta sul patrimonio immobiliare è difatti un’idea tanto esaminata dagli esperti quanto impopolare: quasi il 71% delle famiglie italiane è proprietario della casa in cui vive, e il 28% di esse ha anche in proprietà altri immobili. Proporre una tassa sulla proprietà immobiliare è, senza dubbio, controproducente in termini di consenso, come insegnano le vicende relative alla revisione del catasto o all’eliminazione dell’imposta sulle prime case. Tuttavia, scrive Fornero, le buone ragioni per la patrimoniale sono tali che, se spiegate, è probabile che gli italiani le comprendano e le condividano. 

I giudizi sono sempre relativi. Anche quando sembrano assoluti, le valutazioni che formuliamo su qualcosa sono sempre in termini comparativi rispetto a qualcos’altro, un modello di riferimento o un termine di comparazione esistente. Così, anche nel caso dell’imposta patrimoniale immobiliare, l’idea non è di per sé buona o cattiva, ma lo diventa in base a una valutazione sia dell’esistente che dell’eventuale sistema tributario nel quale dovrebbe innestarsi. 

Con riguardo all’esistente, il dato di partenza è che l’economia italiana e i conti pubblici italiani sono in affanno: livello di debito pubblico e persistenza di bassa crescita e scarsa produttività ci accompagnano da troppo tempo e rischiano di farci vacillare al primo sussulto, come quando si rialzano i tassi di interesse. Far finta che non ci sia un problema di finanziamento di spesa pubblica vuol dire solo nascondere la polvere sotto il tappeto e posticipare il momento del redde rationem scaricando questo e le conseguenze economiche e fiscali sulle vite dei nostri figli. 

Un’operazione indegna dal punto di vista politico, per chi crede nella politica, e immorale dal punto di vista etico. Proporre una tassa attuale vuol dire quindi provare a togliere un po’ di quella polvere e far trovare la casa più in ordine per le generazioni future. D’altro canto, con una pressione fiscale che supera il 40% e che si concentra, in maniera distorta, sui redditi medi, l’imposta patrimoniale immobiliare avrebbe due ulteriori vantaggi, oltre a quello strettamente fiscale: sarebbe più facile da determinare e accertare e potrebbe avere una maggiore finalità redistributiva rispetto alle imposte sui consumi o sul lavoro. A questo, si può aggiungere il vantaggio di tornare a una tassazione su un bene che esprime un indice di “ricchezza”, dopo le tante acrobazie che la formula costituzionale della capacità contributiva ha generato. 

Questa formula non vuol dire pressoché nulla, o meglio vuol dire che lo Stato può tassarci qualsiasi cosa, anche l’aria che respiriamo, se è vero che, come si esprime la Corte costituzionale, essa esprime «l’idoneità generale del singolo a concorrere alle spese pubbliche in relazione alla molteplicità di obiettivi di politica fiscale che il legislatore può perseguire con l’imposizione tributaria». Se quanto detto fa quindi propendere alla ragionevolezza di un’imposta patrimoniale immobiliare, è il giudizio rispetto a quello che ne può venir fuori che merita qualche caveat. 

Il patrimonio è il frutto logico e temporale del risparmio. La Costituzione «incoraggia e tutela» il risparmio e persino favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione. E’ una scelta di valore comprensibile e condivisibile: è a quanto abbiamo accantonato che attingiamo in situazioni di necessità, sollevando così lo Stato dal provvedervi, ma è anche dal risparmio che può generarsi investimento e, quindi, crescita economica, a beneficio di tutti. Un’imposta sulla proprietà immobiliare sarebbe quindi sul frutto dei risparmi e sugli investimenti. Bisogna quindi essere accorti nel disegnarla in modo tale da non compromettere l’esistenza stessa di questa forma di risparmio e da non renderla iniqua, ad esempio tenendo in considerazione la presenza di mutui gravanti sul bene. 

D’altra parte, esiste già nel nostro sistema tributario una imposta locale sulla proprietà immobiliare, l’Imu, solo che ne sono esenti le abitazioni principali proprio sul presupposto che è indice di minor ricchezza rispetto ad altri Paesi dove è meno diffusa. Allargare le ipotesi di imposta (o aumentare l’aliquota) dovrebbe quindi implicare una diminuzione di altre forme impositive, come l’Irpef (e dei relativi trasferimenti, se l’imposta dovesse rimanere locale, come sarebbe auspicabile dati anche i servizi che con questo tipo di imposte si finanziano). Ciò si renderebbe necessario non solo per ragioni di non vessatorietà, ma anche per ragioni di equità. 

I patrimoni immobiliari si costituiscono con l’uso di ricchezze (risparmi) che sono già stati tassati come redditi. Se non si vuole tassare due volte la stessa capacità, quindi, bisogna mettere in relazione i due momenti e immaginare un’imposta immobiliare in un quadro più sistematico di revisione delle imposte, che non solo riduca altre forme di imposizione, ma che faccia emergere anche da questa imposta il gettito necessario per consentirlo, anche aggiornando il valore catastale. 

Si tratta di un punto di equilibrio che aveva già segnalato Luigi Einaudi come condizione essenziale per l’introduzione di una patrimoniale. Accanto a questo, secondo Einaudi di essa si sarebbe potuto ragionare solo se vi avesse corrisposto l’inizio di una fase di forte credibilità della classe politica. Alla professoressa Fornero dobbiamo una delle più coraggiose e importanti riforme degli ultimi venti anni. Ella sa bene, anche per l’esperienza di governo di cui le dobbiamo molto, quanto sia importante tenere insieme le due leve di salute dei conti pubblici: il controllo della spesa da un lato e il sostegno alle forze dell’economia, sotto forma di credibilità e affidabilità, perché si possano sviluppare e mantenere attive. La patrimoniale sugli immobili avrebbe un senso solo come tassello di questo più ampio e impegnativo compito. 

da La Stampa, 15 gennaio 2024

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