Il professor Gérard Pogorel ha aggiunto la propria voce autorevole a quella di chi da tempo rimarca la necessità di un consolidamento nell’industria europea delle telecomunicazioni, per poter fare “del mercato unico delle telecomunicazioni europeo una vera e propria potenza”. Pogorel utilizza molti argomenti condivisibili, ma la lettura del suo articolo non mi risparmia la sensazione familiare che mi assale ogniqualvolta sento parlare di mercato unico: la sensazione, cioè, che l’interlocutore sia interessato più all’aggettivo che non al sostantivo.
Consideriamo, per esempio, i regolamenti sul roaming, che lo stesso Pogorel ricorda con favore. Una semplificazione? Senz’altro: oggi il traffico effettuato da un consumatore europeo all’estero, purché in un altro paese dell’Unione, è tariffato secondo un listino (relativamente contenuto e) noto, applicabile in tutti gli stati membri, a prescindere dalle relazioni eventualmente instaurate dagli operatori. Ma che c’entra il mercato con un sistema di prezzi fissati d’imperio dai burocrati sulla base di una vaga valutazione di equità e tale da generare, pur in un andamento generale deflattivo, com’è per eccellenza quello della telefonia mobile, inevitabili aggiustamenti a carico dei consumatori meno nomadi e a beneficio di quelli più avventurosi, come me e il professor Pogorel? “Fatto l’unico, occorre fare il mercato”, verrebbe da dire. Né risulta, del resto, che l’intervento reiterato sul roaming abbia agevolato quel consolidamento che alcuni ponevano tra i suoi obiettivi e di cui ancora discutiamo.
Leggi il resto su Il Foglio, 3 novembre 2014
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