Crolla il prezzo del petrolio e crolla il valore del Rublo. L’oro nero, al barile, si vende a meno di 60 dollari: gli indici Brent e Wti (rispettivamente l’olio minerale di riferimento Usa ed europeo) sono a quota 59 e 55$ circa.
Le borse ne risentono, ma per l’economia reale è una parziale boccata d’ossigeno, mentre per quella russa sono giorni (e scenari) neri. Costa sta succedendo?
IlGiornale.it lo ha chiesto a Serena Sileoni, vice direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni, che ci spiega anzitutto il perché della flessione: “Per la più classica ragione di mercato: si è prodotto di più, con un aumento della produzione americana del 60% che ha messo sul mercato circa 5 milioni di barile al giorno, mentre dall’inizio della crisi economica mondiale si è chiesto meno del previsto. Complessivamente, negli ultimi dieci anni da noi la flessione dei consumi petroliferi è stata del -36%, più del doppio rispetto a quanto accadde in occasione del secondo shock petrolifero (fonte UP), mentre a livello mondiale il 2014 si è chiuso a 92,4 milioni di barili al giorno, 200 mila in meno del previsto (stime IEA)”.
Siamo agli antipodi della crisi energetica del 1973-1974 causa guerra del Kippur. E l’Opec, oggi, decide di non tagliare la produzione del combustibile. Il greggio si compra a meno, molto meno: -50% rispetto al suo valore di giugno, quando servivano circa 110 dollari per i 159 litri. Il che significa benefici per consumatori – che si vedono aumentare il potere d’acquisto –, imprese e Paesi importatrici, come l’Italia. Ma a guadagnarci forse più di tutti sono gli Stati Uniti, che superano la nemica Russia in quanto Paese produttore e mettono nel mirino l’Arabia Saudita.
Leggi il resto su Il Giornale, 18 dicembre 2014