Questo PNRR è vecchio ma è difficile cambiarlo

Ci troviamo di fronte a una crisi energetica che non era immaginabile in tali dimensioni un paio di anni fa

19 Aprile 2022

La Provincia

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Ambiente e Energia Politiche pubbliche

Come molti commentatori hanno rilevato nelle ultime settimane, il Pnrr risulta assai invecchiato, dato che non soltanto si deve fronteggiare un’inflazione che sta progressivamente impoverendoci, ma al tempo stesso l’invasione russa dell’Ucraina e le risposte che sono state date stanno creando una generale incertezza su vari fronti. In particolare, ci si trova di fronte a una crisi energetica che non era immaginabile in tali dimensioni un paio di anni fa.

Di conseguenza, alle disastrose conseguenze delle politiche adottate per fronteggiare l’epidemia s’aggiungono ora le ripercussioni di questo conflitto di fatto tra l’Occidente e la Russia che sta mettendo a rischio l’approvvigionamento degli idrocarburi in più di un Paese, tra i quali la Germania e la stessa Italia.

Un Pnrr che fu concepito sulla base di un allarme generalizzato in merito al cambiamento climatico andrebbe ora riformulato sulla base di apprensioni ben diverse: perché se si riaprono le centrali a carbone, è evidente che quanto sembrava di primaria importanza al momento della redazione del “piano” ora lo è molto meno.

Il problema è che, per il modo in cui è stato concepito, non è facile riformulare il Pnrr sulla base delle nuove esigenze. Questo perché abbiamo a che fare con il risultato di un negoziato che, fatalmente, ha dato di più ad alcuni e meno ad altri, e che quindi comporta una redistribuzione delle risorse. Se si mettessero in discussione le cifre complessive ci si scontrerebbe con l’opposizione dei maggiori beneficiari, e in primo luogo dell’Italia.

Non è nemmeno tanto facile riformulare i tipi d’intervento, dato che l’operazione si è giustificata a partire dall’idea che vi fossero taluni problemi cruciali da affrontare (la quantità di CO2 immessa nell’atmosfera, ad esempio) e che il miglior modo per farlo fosse quello di delineare un progetto complessivo.

Esattamente come succedeva in Unione sovietica, però, i piani si dimostrano del tutto inadeguati ben prima della loro scadenza e, qualche volta, anche prima del loro avvio. Anche se siamo in un mondo del tutto diverso, e anche se ci occupiamo di Volodymyr Zelensky molto più che di Greta Thunberg, non è possibile ridiscutere tutto e ripartire da zero.

È chiaro che nel brusco passaggio della crisi pandemica a quella ucraina sono venuti al pettine i limiti strutturali di interventi che da un lato redistribuiscono e d’altro lato decidono cosa si deve fare e in quali settori. Il guaio è che nessuno, e tanto meno chi s’occupa di politica, è in condizione di sapere cosa sarà prioritario tra sei mesi oppure tra un anno.

Nel corso di questi due anni tribolati ogni famiglia e ogni impresa ha adattato i propri comportamenti giorno dopo giorno, mese dopo mese. Ognuno si sforza di capire cosa è meglio fare e con quali mezzi; e ognuno cerca di operare a meglio, dato che ogni errore può essere pagato a caro prezzo.

Sul fronte della politica, però, le cose funzionano diversamente. Persone che sanno ben poco e che gestiscono risorse altrui assumono iniziative che spesso non portano da nessuna parte e che non è mai facile modificare in corso d’opera. Il prezzo che pagheremo, ovviamente, sarà molto pesante.

da La Provincia, 19 aprile 2022

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