La campagna elettorale per le elezioni regionali in Lazio e Lombardia ha comprensibilmente messo al centro del la sanità. L’organizzazione del sistema sanitario e il finanziamento delle prestazioni sono del resto la principale funzione, e di gran lunga la voce più importante del bilancio, delle regioni. Il dibattito ha, però, preso una piega distorta, che prosegue ancora adesso: come se il problema non fosse migliorare la qualità del servizio e garantirne l’economicità, ma semplicemente sbarrare la strada ai privati.
Lazio e Lombardia sino tra le regioni in cui i privati offrono un contributo maggiore: essi sono responsabili all’incirca del 30 per cento della spesa sanitaria pubblica, contro una media nazionale attorno al 22 per cento. La domanda che dobbiamo porci è se la scelta di erogare una quota significativa del servizio pubblico attraverso soggetti privati renda il servizio stesso, nel suo complesso, migliore o peggiore. Sono due le dimensioni attraverso cui la risposta va declinata: l’efficacia delle prestazioni e l’efficienza nella gestione del denaro pubblico.
L’evidenza, sotto entrambi i profili, è abbastanza chiara. In primo luogo, anche grazie alle strutture private, la qualità dei servizi è superiore (tant’è che i pazienti si spostano da altre regioni che non sono in grado di soddisfare la domanda di cure o comunque non lo fanno in modo altrettanto soddisfacente). Secondariamente, l’analisi dei bilanci delle strutture pubbliche suggerisce che, se queste dovessero sostituire quelle private, i costi sarebbero superiori di un buon 20 per cento. Da queste evidenze si possono dedurre alcune conclusioni di policy, che i governi regionali (non solo di Lazio e Lombardia) farebbero bene a considerare: il privato costituisce ormai una colonna solida e utile alla collettività del sistema sanitario delle regioni che hanno le performance migliori. Ciò non significa che il sistema sia perfetto, ma che la politica non dovrebbe celebrare una ideologica caccia alle streghe, ma interrogarsi su come modificare la struttura degli incentivi per migliorare ulteriormente la qualità del servizio e rendere compatibile l’offerta di servizi col vincolo di bilancio. Allo stesso modo, cercare di ampliare lo spettro di servizi e strutture che collaborano al servizio sanitario nazionale – dalle cliniche private alle farmacie – potrebbe sgravare le strutture pubbliche dall’onere di fornire ogni genere di prestazione, consentendo anche a queste di concentrarsi su quei campi dove hanno un vantaggio comparato e dove possono essere più efficienti.
La componente privata non va vista come un’anomalia da chiudere ma come un pezzo di un’offerta articolata, diversificata e di qualità. La guerra contro il privato ha una chiara connotazione ideologica ma costituisce, a tutti gli effetti, un atto di aggressione contro i pazienti.
28 febbraio 2023