10 Luglio 2017
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Sebbene nelle discussioni del post-G20 tendano a prevalere i commenti sul cambiamento climatico e sui migranti, il dato forse più negativo sta nel fatto che tutti a parole si sono detti a favore della massima apertura dei mercati salvo poi, nei fatti, schierarsi a difesa di questa o quella “eccezione”, di questa o quella misura protezionistica. In fondo, è la riproposizione di un film che abbiamo già visto, dato che le difficoltà che oggi conoscono le economie della terra nel costruire un mercato aperto sono assai simili a quelle che hanno accompagnato la costruzione dell’Europa.
Nel Vecchio Continente, infatti, in teoria abbiamo una sola economia, interconnessa e senza barriere. Nei fatti, però, è molto facile per le varie capitali correre in soccorso di un settore che domanda protezione e introdurre misure di ordine tecnico che, in sostanza, impedisce la circolazione dei beni, dei servizi e dei lavoratori. In tal modo, abbiamo una retorica del libero scambio che è in stridente contrasto con misure che, ad esempio, ritengono indispensabile evitare l’arrivo di prodotti stranieri per proteggere la genuinità e la tipicità, oppure per salvaguardare l’ambiente, per proteggere i diritti dei lavoratori, e così via. Sullo sfondo, non vi sono soltanto manovre condotte da gruppi lobbistici. Oltre a ciò è chiaro come tanti ritengano che il commercio internazionale sia eccellente quando ci permette di esportare, mentre diverrebbe disastroso quando permette la stessa cosa agli altri. Nella mente di molti alberga l’idea che se la bilancia degli scambi è attiva (se esportiamo più di quanto importiamo) le cose vanno bene, mentre bisognerebbe intervenire quando la situazione è rovesciata. In realtà, ogni volta che due persone scambiano il contratto ha luogo perché entrambi, nella loro soggettività, ritengono che tale operazione sia vantaggiosa; e quello che si può dire per due persone, vale egualmente per le economie.
Non abbiamo ancora imparato che è la libertà di negoziare che, a ogni latitudine, aiuta a costruire la pace e il progresso. Negare il diritto fondamentale di ognuno a scambiare, invece, ci proietta in un orizzonte che, cancellando una libertà cruciale, potrebbe riservarci anche altre tristi sorprese.
Da Il Giornale, 9 Luglio 2017