6 Novembre 2021
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Diritto e Regolamentazione
Ora che il governo di Mario Draghi ha riaperto la questione delle liberalizzazioni si è costretti a constatare come tale tema affondi nella nostra storia. Già negli anni Settanta l’allora governatore della Banca d’Italia, Guido Carli, aveva richiamato l’attenzione sulla necessità di creare nuovi spazi per la libera iniziativa quando, in un celebre intervento, aveva parlato del persistere di «lacci e lacciuoli».
Dopo di lui i tentativi di riformare in senso competitivo l’economia italiana sono stati numerosi. Senza dubbio, i più celebri si devono a Pierluigi Bersani, il quale recepì alcune indicazioni europee e allargò qualche spazio: nell’ambito dell’energia elettrica, delle assicurazioni, della telefonia e in altri settori. Anche se sotto la formula delle «liberalizzazioni» passarono anche scelte tutt’altro che orientate ad aprire il mercato, nell’insieme quelle riforme hanno un poco aiutato ad aumentare la concorrenza. Dobbiamo ammettere, in particolare, che l’Italia odierna non è più quella della vecchia Sip o di un Enel monopolista, assai simile all’Edf francese. Gli sforzi che a varie riprese si sono fatti, insomma, hanno cambiato un po’ le cose. Eppure se oggi si torna a parlare di liberalizzazioni è perché troppe questioni rimangono irrisolte.
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