3 Giugno 2024
L'Economia – Corriere della Sera
Alberto Mingardi
Direttore Generale
Argomenti / Diritto e Regolamentazione
Spesso chi chiede «più Europa» vuole in realtà un’Europa diversa. Quando, in queste elezioni, i partiti hanno parlato di politica della concorrenza è stato per auspicare che cambiasse, per far posto ad alcuni campioni europei: imprese in grado di competere fuori Europa, perché liberate dal fastidio della competizione in casa propria. Nota bene: quando si parla di campioni europei i francesi pensano in realtà ad aziende francesi, i tedeschi ad aziende tedesche, eccetera.
Intanto ritorna la promessa di «completare il mercato unico», rinverdita anche da Emmanuel Macron e Olaf Scholz nel loro articolo sul Financial Times. Il mercato unico si fondava su un’idea di disarmo bilaterale della politica industriale e dell’ambizione degli Stati di sussidiare le «proprie» imprese. Ciò è anche il presupposto logico per una loro crescita di dimensione, per fusioni cross border per esempio, ma nel momento in cui aggregazioni e acquisizioni rientrano nella logica delle convenienze.
Nel bene e nel male, l’Europa economica si è costruita attorno al consumatore europeo: privilegiando la tutela della concorrenza in quanto vettore di prezzi più bassi e provando a intervenire su pratiche scorrette, volte a estrarre una rendita ai danni, appunto, del compratore.
Adesso, con argomenti talvolta strumentali (ha poco senso contare le società di tic che ci sono in Europa e paragonarle a quelle statunitensi, se i mercati e i loro regolatori restano nazionali), si vorrebbe il contrario. Anziché il disarmo bilaterale, dalla politica industriale ci si aspetta il riarmo. Possibilmente congiunto, altrimenti chi ha più spazi di manovra fiscale riesce a foraggiare con più agio le proprie Alitalia. Ci si richiama a valori alti e nobili ma gli obiettivi rischiano di essere confusi. Pure del benessere del consumatore non esiste una definizione inequivocabile. Ma nella sua vaghezza l’obiettivo è meno ambiguo della costruzione di campioni europei.
Non è detto invece che un’impresa più grande sia necessariamente un campione, cioè un’impresa più efficiente, né che la bulimia di conquistare consumatori altrove si accompagni a un miglior servizio per quelli europei. Affidare alle imprese sogni di grandeur è un’alternativa radicale al cercare di tutelare prezzi più bassi e servizi efficienti. Una cosa forse suona meglio in campagna elettorale, l’altra migliora la vita delle persone