Questa è una manovra prevedibile

La prevedibilità rende credibile anche agli occhi dei mercati finanziari la politica di bilancio italiana

17 Ottobre 2024

ItaliaOggi

Nicola Rossi

Argomenti / Politiche pubbliche

Una manovra prevedibile. «E la prevedibilità», dice Nicola Rossi, economista dell’Università Tor Vergata di Roma, cda Istituto Bruno leoni, ex parlamentare del Pd, «è l’elemento che rende credibile, anche agli occhi dei mercati finanziari, la politica di bilancio». Attenzione a famiglie e misure strutturali per il fisco, i tratti distintivi della legge di bilancio 2025 da 30 miliardi illustrata ieri in conferenza stampa dal ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti. Dentro anche il contributo delle banche per un valore di 3,5 miliardi, quel «sacrificio» annunciato da Giorgetti che tanto aveva fatto discutere maggioranza e opposizione. «Quel che si chiede oggi alle banche», spiega Rossi, «è semplicemente di posporre nel tempo l’utilizzo delle imposte differite attive».

Domanda. Professore, tre aggettivi per la legge di bilancio…

Risposta. Prudente, responsabile, prevedibile. Sottolineo che, dal mio punto di vista, quest’ultimo aggettivo è almeno altrettanto positivo quanto i primi due.

D. Perché?

R. Una politica di bilancio prevedibile – nel senso che persegue nel tempo, con determinazione, pochi e chiari obbiettivi – è essenziale perché le famiglie e le imprese possano formulare i loro piani di consumo e di investimento. Ed è l’elemento che rende credibile, agli occhi dei mercati finanziari ed unitamente alla prudenza ed alla responsabilità, quella stessa politica di bilancio.

D. E però per le opposizioni e alcuni sindacati si tratta di una manovrina rispetto alle reali esigenze del Paese.

R. Gli irresponsabili abituati a valutare la politica di bilancio sulla base della entità dei disavanzi – portandoci così, come accaduto di recente, sull’orlo del disastro – parlano di “manovrina”. Auguriamoci di averne tante, di queste “manovrine”.

D. A sorpresa la legge di bilancio non è da 25 ma da 30 miliardi. Ha contribuito il gettito della lotta all’evasione?

R. In generale il positivo andamento delle entrate ha certamente reso più agevole il compito dell’esecutivo. In questo quadro, l’entità delle risorse derivanti dalle attività di contrasto all’evasione – puntualmente indicata in una Appendice del Piano Strutturale di Bilancio – mi sembra significativa ma non determinante.

D. Uno dei capitoli a cui è dedicata più attenzione è la natalità e la famiglia.

R. L’esecutivo ha manifestato ripetutamente la propria preoccupazione per le tendenze demografiche e, di conseguenza, la legge di bilancio ne tiene conto. E ridurre i costi della natalità è certamente una delle strade da percorrere. Anche perché società che invecchiano tendono a ridurre la propria attitudine a fare impresa ed innovazione.

D. Il ministro Giorgetti ha chiarito che i proventi del concordato non sono stati utilizzati a copertura ma andranno al massimo a finanziare ulteriori riduzioni del cuneo. Un cambio di passo?

R. Più che altro un esempio della prudenza che caratterizza la attuale politica di bilancio. Come si dice? «Non dire gatto…» con tutto quel che segue.

D. Riduzione del cuneo fiscale estesa fino a 40 mila euro di reddito: per il ceto medio non si poteva fare di più? Era uno dei pilastri del programma elettorale di centrodestra.

R. Sarei tentato di dire che evidentemente non si poteva fare di più nel senso che, dato il vincolo di bilancio, per farlo sarebbe stato necessario rinunciare ad altre maggiori spese o minori entrate cui dal punto di vista dell’esecutivo non era possibile rinunciare. Lo sottolineo perché spesso non applichiamo a noi stessi il principio costituzionale della copertura dei provvedimenti di spesa. Dovremmo noi per primi dire a cosa rinunceremmo volentieri per finanziare concretamente una maggiore spesa o una minore entrata. Ma non lo facciamo quasi mai. Piuttosto, quel che è importante in questo caso è il cambio nella natura del provvedimento che da contributivo diventa fiscale, con ciò evitando problemi in prospettiva anche seri per i bilanci previdenziali.

D. Giorgetti ha rivendicato che ci sono misure che da una tantum passano a essere strutturali. Ma strutturali per 5 anni….

R. Nel medio-lungo periodo quel che rileva è il quadro macroeconomico e l’orientamento della politica di bilancio definiti all’interno del Piano Strutturale di Bilancio. È un orizzonte settennale che abbraccia, in linea di principio, non solo la legislatura in corso ma anche una parte significativa della prossima. Ed è un orientamento certamente compatibile con una ipotesi di strutturalità delle più importanti misure previste dalla legge di bilancio. Dubito che si possa chiedere di più alla odierna politica di bilancio.

D. Sulle banche è stato chiarito che non si tratta di tassa ma di contributo, per 3,5miliardi circa. Cosa cambia per gli istituti di credito?

R. È opportuno chiarire il senso di questo “contributo”. In molti casi le imposte differite attive compaiono nei bilanci delle banche a seguito del salvataggio di realtà spesso decotte, che mai sarebbero state in grado di utilizzare quelle stesse imposte differite attive. Si tratta, in altre parole di un sussidio che, a spese dei contribuenti, viene attribuito alle banche che si fanno carico di situazioni difficili. Un sussidio spesso indebito visto che alcune di quelle realtà decotte potrebbero tranquillamente essere accompagnate all’uscita dal mercato. Quel che si chiede oggi alle banche è semplicemente di posporre nel tempo l’utilizzo di quelle imposte differite attive. Meglio sarebbe evitare di sussidiare le banche tout court.

D. La manovra guarda ai mercati finanziari. Che impatto avrà secondo lei sullo spread?

R. Avendo disegnato il percorso di medio-lungo periodo – un percorso, certo, non facile – nel Piano Strutturale di Bilancio è essenziale che, nel durante, l’azione di governo risulti credibile e quindi coerente con il percorso stesso. È questa credibilità che può, non immediatamente, contribuire ad una riduzione dello spread e, di conseguenza, a maggiori margini di manovra per la finanza pubblica.

D. Non ci saranno altre tasse ha detto Giorgetti. Quando finiranno i finanziamenti del Pnrr, non rischiamo di avere ancora progetti da portare avanti ma di non avere i fondi?

R. Questo è un tema che molto probabilmente si porrà. Dal 2027 in poi non solo dovremo rimborsare il debito contratto nell’ambito del programma Next Generation EU e, molto probabilmente, versare i maggiori contributi necessari per coprire la quota di sovvenzioni, ma anche provvedere alla manutenzione delle infrastrutture che il Pnrr ci avrà permesso di realizzare o al pagamento del relativo personale. Solo una spesa pubblica capace di innalzare i livelli del nostro prodotto potenziale – consentendoci di colmare la distanza che da trent’anni circa ci divide dai nostri principali partner europei – potrà permetterci di far fronte a questi oneri aggiuntivi. È una sfida che ci impegna oggi ma le cui implicazioni sperimenteremo a lungo in futuro.

oggi, 21 Novembre 2024, il debito pubblico italiano ammonta a il debito pubblico oggi
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