Ragione & vanità

I vizi degli intellettuali? Esibizionismo e spregio del senso comune. Li ha smascherati Paul Johnson

23 Gennaio 2023

Il Foglio

Alberto Mingardi

Direttore Generale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

L’understatement non era il suo forte. Forse è per questo che gli obituary di Paul Johnson, morto la scorsa settimana a 94 anni, hanno ricordato più il polemista che lo storico, più il giornalista che il pensatore. Eppure, caso raro fra quanti vivono per vedere il proprio nome stampato a intervalli regolari, Johnson lo era davvero, un pensatore. I suoi libri più importanti, da Modern Times (1983) a The Intellectuals (1987) ad A History of the American People (1997), non sono soltanto lavori di grande divulgazione. Non sono, per intenderci, la Storia d’Italia di Montanelli (e Gervaso e Cervi): un minestrone di ricordi degli studi del liceo, non a caso servito a un paese in cui il liceo lo frequentavano in pochi ed era una cosa un po’ più seria di quello che poi abbiamo fatto noi. C’è dentro una prospettiva storica originale, poca ricerca di prima mano ma straordinaria capacità di sintesi, quel ricostruire i nessi causali degli eventi al di là del prima e del dopo che è tipica degli storici veri.

In questo modo, partendo dai fatti ma leggendoli in modo radicalmente diverso dai più, Johnson ha esercitato una influenza decisiva sul movimento conservatore, soprattutto negli Stati Uniti, e più in generale sui suoi lettori. La teoria del ciclo economico degli economisti di scuola austriaca, che spiega che alla radice del bust c’è un boom artificialmente prodotto dall’espansione del credito indotta dalla politica monetaria, prende vita nelle pagine di Johnson sulla Grande depressione, s’intreccia con le vicende politiche degli anni Venti, accende la perspicacia di chi le legge. Abilissimo artigiano della parola, sono però la curiosità intellettuale, il gusto del dettaglio, la determinazione nel mettere a testa in giù alcuni miti storiografici ma giocando allo stesso gioco degli storici, a fare di Johnson una delle voci più importanti del conservatorismo anglosassone del secondo dopoguerra.

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