Aumentano i casi di Covid-19 e mai come questa volta i numeri sono sottostimati. Chi risulta positivo deve isolarsi per sette (se vaccinato) o dieci giorni (se non ha completato il ciclo vaccinale). Indipendentemente dal loro stato di salute, le persone rispondono agli incentivi e, in questo caso, il disincentivo è chiarissimo: se fai un test in farmacia o in una struttura ambulatoriale od ospedaliera, e risulti positivo, ti consegni all’isolamento prima e alla burocrazia poi. Comprensibilmente, prevale la scelta di farsi un’autodiagnosi e poi gestire in autonomia la propria condizione, proteggendo i propri contatti, incluse le situazioni, frequenti, in cui la quasi mancanza di sintomi non limita la capacità di svolgere qualche attività in un contesto sociale.
Come già in passato, la diffusione di test di autodiagnosi (uguali in tutto e per tutto a quelli somministrati in farmacia) fa scattare il riflesso condizionato degli esperti. È stato chiesto di vietarne la vendita, con argomenti che sono un insulto all’intelligenza delle persone e denunciano un’inclinazione verso il totalitarismo sanitario.
Ciononostante questa ondata di Covid-19 (quale sia, abbiamo perso il conto, e avrebbe forse più senso usare, al posto delle onde, la metafora di un incendio che persiste sottotraccia e si riaccende con ricorrenze non regolari) è per ora caratterizzata da bassa mortalità e gli ospedali rimangono sotto controllo. Se si confrontano i numeri di nuovi casi e decessi nei giorni e settimane da gennaio a oggi, si vede che non c’è una relazione diretta e costante tra il numero di casi e i decessi, e considerando che il numero di positivi oggi è largamente sottostimato, questo significa che la mortalità è cambiata perché il virus e i suoi ospiti sono biologicamente diversi rispetto a sei mesi fa e ancor di più rispetto a un anno e mezzo o più fa.
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