Regolamento imballaggi: niente è meglio di piuttosto

I dubbi dell'Italia della Francia e di altri sono più che giustificati

20 Novembre 2023

Istituto Bruno Leoni

IBL

Argomenti / Politiche pubbliche

Domani il Parlamento europeo voterà la posizione negoziale sul nuovo regolamento sugli imballaggi. La proposta della Commissione è fortemente contestata dai rappresentanti di diversi Stati membri, tra cui l’Italia e la Francia. Proprio la ministra francese degli Affari europei, Laurence Boone, è tornata all’attacco, dicendo che “se si vuole fare una caricatura dell’Europa prima delle elezioni, si inizia infastidendo i produttori di Camembert…”. Il riferimento è alle norme che disciplineranno le scatole in legno, ma gli esempi di risultati paradossali si sprecano.

La realtà è che il nuovo regolamento prende le mosse da un pregiudizio ideologico: che le filiere corte siano sempre e comunque preferibili a quelle lunghe, il riuso sempre e comunque preferibile al riciclaggio, la riduzione degli imballaggi al miglioramento della loro qualità e caratteristiche. In tal modo non si tiene conto delle ragioni per cui gli imballaggi sono utilizzati (e per cui in ciascuna situazione viene utilizzato un tipo di imballaggio anziché un altro) né degli effetti economici e ambientali di tali scelte. Non solo: si contraddicono gli stessi principi della politica europea, che prescrivono di seguire la stella polare della neutralità tecnologica (cioè lasciare che sia il mercato a scegliere il mix tecnologico ottimale per raggiungere un determinato obiettivo ambientale, cioè per esempio la riduzione dei rifiuti da smaltire o delle emissioni in atmosfera). Come ha scritto Giuseppe Portonera in un Focus dell’IBL (PDF), ancora una volta la Commissione predica la politica ambientale ma pratica la politica industriale.

Questo approccio dirigista potrebbe apparire giustificato se si potesse dimostrare che rappresenta lo strumento migliore e meno costoso per conseguire i target ambientali europei. Ma così non è, ed è facile rendersene conto non appena si entra nel merito: è meglio produrre meno rifiuti ma più difficili da smaltire oppure più rifiuti facilmente riciclabili? Cosa significa in concreto “riuso”? Quante volte devono essere riutilizzati i prodotti? Quali sono i benefici attesi e quanto dipendono dalle ipotesi a monte? Come ha evidenziato Antonio Massarutto queste domande difficilmente possono trovare una risposta generale, perché vanno affrontate caso per caso.

I dubbi dell’Italia della Francia e di altri sono dunque più che giustificati. C’è però il rischio che, pur di salvare la proposta, la Commissione sia indotta ad accettare l’introduzione di mille e mille altre eccezioni per accontentare gli attori più rumorosi (come i produttori di Camembert di cui Parigi ha scelto di farsi portavoce). Sarebbe molto meglio prendere atto che il diavolo del regolamento imballaggi non sta nei dettagli, ma nel modo stesso in cui il provvedimento è pensato e messo in atto. In questo caso, niente è meglio di piuttosto.

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