21 Novembre 2018
Il Foglio
Carlo Stagnaro
Direttore Ricerche e Studi
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Nella scena dell’alluvione di “Amici miei Atto II”, il Sassaroli dice ai compagni di zingarate (a cui l’acqua ha portato via tutto): “Ragazzi, io mi sento a disagio! Non è mica colpa mia se sono un luminare, un barone della medicina, con il superattico e la clinica in collina. Io l’ho tirato in tasca all’alluvione e a tutti voi! Che devo fare, me ne vado?”. Un discorso simile potrebbero farlo Kim Kardashian e Kanye West, che hanno appena salvato la loro tenuta dai roghi californiani grazie all’intervento di una squadra di pompieri privati pagati dall’assicurazione. “La vicenda fa molto 2018”, ha scritto Alexis Madrigal sull’Atlantic, “capitalismo finanziario, disuguaglianza, KimYe (la crasi tra i nomi di Kardashian e West), i fuochi dell’Armageddon”.
A prima vista, si tratta di un clamoroso esempio di divaricazione sociale: da un lato i poveri alla mercé degli incendi, dall’altro i privilegiati ben protetti nel loro fortino. A ben guardare, le cose sono più complesse. Come sempre. Lo rileva la stessa rivista americana che ha dato ampio spazio alla faccenda: le principali compagnie assicurative hanno contratti con società operative quali Wildfire Defense Systems, che in questi giorni ha messo in campo 53 squadre per proteggere un migliaio di abitazioni minacciate dalle fiamme. Il numero uno dell’azienda, David Torgeson, spiega che il 90 per cento delle abitazioni assicurate hanno un valore attorno alla media. “Se l’incendio scoppia a Malibu”, aggiunge, “ci saranno un sacco di case di valore. Se succede nello Utah, no”.
C’è, tuttavia, una questione più ampia rispetto alle differenze di ceto sociale tra coloro che sottoscrivono una polizza e quelli che non lo fanno. Ammettiamo pure, come probabilmente è, che i primi abbiano un reddito medio leggermente (o anche significativamente) superiore. Dice Benjamin Carp, uno storico della City University of New York intervistato dall’Atlantic: “L’idea di un corpo privato di vigili del fuoco oggi ci colpisce come un’assurdità… Sebbene altre società nel corso della storia si siano affidate a compagnie private per proteggere le proprietà delle classi abbienti, noi abbiamo accettato l’idea che la difesa dagli incendi sia un bene pubblico”. La teoria economica dice che i beni pubblici possono giustificare qualche forma di intervento dello Stato perché, altrimenti, non saranno prodotti in quantità ottimale. Ciò dipende principalmente dal fatto che i beneficiari non vi contribuiranno in misura adeguata, e quindi devono essere “costretti”, per esempio attraverso la tassazione o la regolamentazione. In questo caso, succede esattamente il contrario: alcuni residenti, i più benestanti, decidono di finanziare a proprie spese quella parte del servizio che li riguarda direttamente. Naturalmente lo fanno nel nome di un interesse molto personale: i Kardashian vogliono essere sicuri di proteggere una residenza il cui valore è stimato in 50 milioni di dollari. Questo ha due conseguenze: la prima, di rilevanza privatissima, riguarda la loro tranquillità. L’altra ha invece portata pubblica: le risorse statali possono essere destinate interamente a combattere i roghi in altre zone, dove magari risiedono persone che non possono permettersi una polizza antincendio.
Questo aspetto assume un significato tanto maggiore, quanto più si considera l’estensione dei roghi: l’episodio iniziato 1S novembre ha già causato 94 morti, devastato 600 chilometri quadrati, distrutto 10mila strutture e costretto 50mila persone ad abbandonare le proprie abitazioni. Forse, se KimYe e altri non si fossero affidati al soccorso privato, il dazio preteso dalle fiamme sarebbe stato ancora più alto. E dunque saremo certamente di fronte a un clamoroso esempio di diseguaglianza, ma bisogna pure riconoscere che i ricchi, per salvaguardare i propri beni, hanno indirettamente dato una mano a chi ricco non è.
“Che devo fare, me ne vado?”, chiedeva il Sassaroli. Risposta del Melandri, valida anche oggi: “No ragazzi, dobbiamo restare tutti insieme, compatti!”.
Da Il Foglio, 21 novembre 2018