Perché oggi il ricco è il «capro espiatorio»?

Recensione di "Ricchi! Borghesi! Ancora pochi mesi!", di Rainer Zitelmann (IBL Libri, 2021)

19 Dicembre 2021

Il Giornale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Rainer Zitelmann, storico e sociologo tedesco, ha scritto un libro molto interessante: Ricchi! Borghesi! Ancora pochi mesi! (pubblicato da Ibl Libri) col sottotitolo «Come e perché condanniamo chi ha i soldi». Il libro parla di pregiudizi, classismo all’inverso, invidia. Combatte l’eterno errore dell’infanzia e dell’ignoranza dell’economia per cui il guadagno di uno corrisponde alla perdita uguale e simmetrica di qualcun altro.

Ma il capitolo breve di cui vogliamo parlare più diffusamente qui è il sesto, e affronta il tema dei soldi e ha molto a che vedere ad esempio con la recente protesta sindacale che vorrebbe i presunti ricchi (coloro che dichiarano più di 75mila euro) pagare per tutti, ma ha a che vedere anche con settori e campi più larghi della società. Pensate a ciò che sta avvenendo con la pandemia: siamo sempre alla ricerca di un capro espiatorio. Agli ebrei, che per paradosso della storia sono diventati tragico capro espiatorio della follia nazista, si deve la nascita della locuzione: «Durante la festività ebraica dello Yom Kippur, il giorno dell’espiazione, il sommo sacerdote confessava i peccati del popolo d’Israele e li trasferiva simbolicamente su una capra attraverso l’imposizione delle mani. Questi peccati si dissipavano quando la capra veniva scacciata nel deserto, da cui il termine “capro espiatorio”, traduzione della parola ebraica Azazel» .

Nel corso della storia vari gruppi sono stati identificati come tali. Nel Medioevo e all’inizio dell’età moderna si calcola che furono trucidate 40-60mila persone, in prevalenza donne, vittime della cosiddetta «caccia alla streghe», uccise per la loro pretesa potenza. Malefica, ma pur sempre potenza. Ma non tutti danno questa lettura. Per G.W. Allport (1897-1967) il capro espiatorio è tragicamente solo la vittima di un pregiudizio: e la sua diffusione nasce dal fatto che «è facilmente comprensibile, il che a sua volta può anche essere un argomento a favore della sua validità». Un po’ come per i bambini, il meccanismo deriva da una reazione di «frustrazione-aggressione»: «in una società competitiva le frustrazioni per il mancato successo hanno una particolare importanza». Lo stesso Allport ammette però che la teoria del capro espiatorio da sola non spiega il pregiudizio.

Più tardi altri studiosi cercheranno di fare un passo avanti con un approccio psicanalitico: «I tratti negativi che le persone non vogliono riconoscere in se stesse vengono repressi o proiettati sugli altri». Ma il punto, ha spiegato Peter Glick, è che i capri espiatori vengono spesso descritti come onnipotenti «e soprattutto nelle situazioni di crisi che le persone cercano di capri espiatori, perché la maggior parte di loro non riesce a capire le cause reali e complesse della crisi in atto. I movimenti che indicano dei capri espiatori attirano seguaci offrendo spiegazioni e soluzioni più semplici e culturalmente plausibili degli eventi negativi comuni». Interessante lettura, da applicare non solo all’invidia sociale nei confronti dei presunti ricchi.

da Il Giornale, 19 dicembre 2021

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