L’imposizione coatta delle cosiddette “quote rosa” produrrà rigidità a tutto danno dell’efficienza della gestione aziendale. La via dell’autoregolamentazione sarebbe stata per molti versi preferibile.
19 Dicembre 2012
Argomenti / Diritto e Regolamentazione , Economia e Mercato , Teoria e scienze sociali
Vitalba Azzollini
L’imposizione coatta delle cosiddette “quote rosa” produrrà rigidità a tutto danno dell’efficienza della gestione aziendale. La via dell’autoregolamentazione sarebbe stata per molti versi preferibile.
La legge n. 120/2011 (c.d. “Legge Golfo-Mosca”) ha destinato alle donne, sia pure per un periodo transitorio, alcuni posti in organi di amministrazione e controllo delle società quotate in mercati regolamentati e delle società non quotate controllate da pubbliche amministrazioni e, da poco, anche negli enti locali e territoriali. Si tratta di una impostazione che, prescindendo da qualunque valutazione comparativamente qualitativa, sembra andare in direzione opposta alla valorizzazione del merito, quale criterio di base nella scelta di candidati a qualunque posizione. Peraltro, essa va a limitare la discrezionalità organizzativa dell’imprenditore nelle scelte riguardanti la gestione aziendale. Il ricorso allo strumento dell’autoregolamentazione al fine di disciplinare l’accesso di esponenti di diverse categorie poco rappresentate non solo ai vertici, ma altresì a livelli inferiori della struttura aziendale, avrebbe consentito un più adeguato contemperamento degli interessi coinvolti ed una più ampia flessibilità operativa, senza rinunciare alla sanzionabilità della violazione degli obblighi assunti dall’imprenditore.