BP 128. La grande illusione. Perché un sistema di quote non salverà il cinema italiano

Le quote di programmazione ed investimento alle emittenti televisive per sostenere la cinematografia nazionale ledono la libertà delle emittenti di decidere il proprio palinsesto e di determinare i propri investimenti. Per tali motivi andrebbero abolite.


3 Novembre 2013

Argomenti / Politiche pubbliche

Filippo Cavazzoni

Direttore editoriale

Massimiliano Trovato

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Il primo luglio 2013 è entrato in vigore il regolamento che impone quote di programmazione e di investimento alle emittenti televisive italiane per sostenere la cinematografia nazionale. Seppur un sistema di quote sia previsto dalla normativa comunitaria, il regolamento va ben oltre tali disposizioni, prevedendo misure volte a favorire le produzioni in lingua italiana. Questo sistema di quote si innesta all’interno di un più ampio quadro di aiuti pubblici al cinema italiano: contributi diretti, sgravi fiscali, ecc. Tali nuove misure ledono la libertà delle emittenti private di decidere autonomamente il proprio palinsesto e di determinare i propri investimenti. Inoltre limitano la libertà di scelta del consumatore. Sarebbe pertanto opportuno che il legislatore conformasse la legislazione italiana ai soli requisiti minimi della normativa comunitaria.

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