Le quote di programmazione ed investimento alle emittenti televisive per sostenere la cinematografia nazionale ledono la libertà delle emittenti di decidere il proprio palinsesto e di determinare i propri investimenti. Per tali motivi andrebbero abolite.
3 Novembre 2013
Argomenti / Politiche pubbliche
Filippo Cavazzoni
Direttore editoriale
Massimiliano Trovato
Il primo luglio 2013 è entrato in vigore il regolamento che impone quote di programmazione e di investimento alle emittenti televisive italiane per sostenere la cinematografia nazionale. Seppur un sistema di quote sia previsto dalla normativa comunitaria, il regolamento va ben oltre tali disposizioni, prevedendo misure volte a favorire le produzioni in lingua italiana. Questo sistema di quote si innesta all’interno di un più ampio quadro di aiuti pubblici al cinema italiano: contributi diretti, sgravi fiscali, ecc. Tali nuove misure ledono la libertà delle emittenti private di decidere autonomamente il proprio palinsesto e di determinare i propri investimenti. Inoltre limitano la libertà di scelta del consumatore. Sarebbe pertanto opportuno che il legislatore conformasse la legislazione italiana ai soli requisiti minimi della normativa comunitaria.