L'ipotesi di introdurre nella normativa un "albo" per amministratori condominiali è da avversare, dato che ridurrebbe la libertà di scelta dei proprietari, aumenterebbe gli oneri burocratici e peggiorerebbe la qualità dei professionisti del settore.
8 Febbraio 2005
Argomenti / Diritto e Regolamentazione , Teoria e scienze sociali
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Carlo Stagnaro
Direttore Ricerche e Studi
Torna a farsi attuale l’ipotesi che nella legislazione italiana venga inserito un meccanismo volto a limitare l’accesso alla professione dell’amministratore di condominio.
Da tempo alcune associazioni di categoria si battono per la creazione di un ordine professionale degli amministratori di condominio. La burocratizzazione non è garanzia di professionalità. La qualità dei servizi resi e il reddito degli amministratori possono crescere solo in un ambiente competitivo. In particolare, proprietari di casa e futuri amministratori sarebbero danneggiati dall’introduzione di criteri burocratici per accedere alla professione. La creazione di un nuovo ordine può essere incostituzionale. L’espansione dei condomini crea occasioni di profitto per individui dinamici e creativi, le cui qualità sarebbero ingabbiate da una politicizzazione della professione. Il degrado della professionalità conseguente all’istituzione di un albo sarebbe aggravato da un incremento del carico fiscale e burocratico.