Gli USA sono il maggiore mercato del mondo per il consumo di farmaci, ma il paziente americano paga un prezzo superiore rispetto al suo omologo europeo. Questa differenza si riflette nella migrazione di imprese farmaceutiche che fanno ricerca negli USA.
15 Settembre 2005
Argomenti / Politiche pubbliche , Teoria e scienze sociali
Alberto Mingardi
Direttore Generale
Carlo Stagnaro
Direttore Ricerche e Studi
Il dibattito sulla “reimportation ”dei medicinali dal Canada ha acceso le luci, negli Stati Uniti (e di converso nel resto del mondo),su un problema significativo ma spesso taciuto. A fronte del fatto che gli USA sono il maggiore mercato del mondo per il consumo di farmaci,il paziente americano paga un prezzo assai superiore rispetto al suo omologo europeo.
Il controllo dei prezzi dei farmaci ha causato un declino delle attività di ricerca e sviluppo in Europa. I costi dell’innovazione, che viene principalmente dalle imprese americane, vengono ripagati in larga misura dai consumatori americani. Il “free riding” europeo rischia di farsi insostenibile, specie se anche gli USA dovessero cedere e introdurre dei calmieri. La debolezza italiana è dovuta anche al “collo di bottiglia” anticompetitivo della distribuzione; le politiche di contenimento della spesa incidono soprattutto sugli utili dell’industria farmaceutica, disincentivandone ulteriormente l’operato. Nel lungo termine occorre un ripensamento globale delle nostre politiche sanitarie.