Il teorema dell'Antitrust sulla collusione tra compagnie petrolifere è infondato, ma la distribuzione dei carburanti deve essere liberalizzata. Il parallelismo dei prezzi di benzina e diesel non è una prova della collusione tra le compagnie petrolifere.
22 Marzo 2007
Argomenti / Ambiente e Energia , Diritto e Regolamentazione
Carlo Stagnaro
Direttore Ricerche e Studi
Il teorema dell’Antitrust sulla collusione tra le compagnie petrolifere è infondato, ma la distribuzione dei carburanti deve essere liberalizzata. Se la trasparenza dei prezzi consigliati a livello nazionale è ritenuta idonea a facilitare la collusione fra gli operatori del settore, perché la divulgazione dei “prezzi alla pompa”, invocata sia dall’Antitrust che dal ministero dello Sviluppo economico, non sarebbe altrettanto nociva per la concorrenza? Questo non significa che non vi siano, nella distribuzione carburanti, spazi di liberalizzazione. La rete carburanti italiana è inefficiente e ridondante: vi sono troppi punti vendita che erogano troppo poco, il self service è sotto sfruttato, la componente non oil marginale.
Il parallelismo dei prezzi di benzina e diesel non può essere considerato una prova della collusione tra le compagnie petrolifere. Le variazioni dei prezzi dei carburanti possono essere spiegate soprattutto dalle variazioni delle quotazioni internazionali di riferimento. Lo scambio di informazioni, che costituisce l’architrave del teorema Antitrust, non può essere considerato sufficiente a provare l’esistenza di un cartello. Lo spostamento dei margini dalla benzina al gasolio non è sintomo di collusione, ma riflette gli andamenti della domanda. C’è uno spazio di liberalizzazione nella distribuzione carburanti, solo parzialmente investito dal ddl Bersani. Occorre in particolare rimuovere effettivamente le barriere al business non oil, compresi giornali e tabacchi, presso i punti di rifornimento.