Il meccanismo del tax shelter è migliore della tassa di scopo perché contempla l’idea di un cinema che deve sostenersi da solo, escludendo che il settore possa continuare a vivere in forme assistenziali.
26 Settembre 2007
Argomenti / Politiche pubbliche , Teoria e scienze sociali
Filippo Cavazzoni
Direttore editoriale
La tassa di scopo per il cinema, della quale si discute in questi giorni in Parlamento, finirebbe per colpire porzioni della nostra economia che, pur circolando contenuti, non hanno nulla a che vedere con il mondo del cinema assistito. La tesi di questo Briefing paper è che il meccanismo del tax shelter sia migliore della tassa di scopo perché contempla l’idea di un cinema che deve sostenersi da solo, escludendo che il settore possa continuare a vivere in forme assistenziali, con i conseguenti favoritismi per l’uno o l’altro regista gradito al potere del periodo e con un assoluto, o quasi, disinteresse per i risultati di pubblico.
Addetti ai lavori, commentatori, politici e opinione pubblica ritengono il cinema italiano essere in stato di crisi. Un’attenta analisi dei dati dimostra invece che la situazione attuale non è da considerarsi negativa. Il Parlamento italiano si è attivato per produrre una riforma organica del settore cinematografico. Diverse proposte e disegni di legge sono stati presentati alle rispettive Camere di competenza. Alcuni provvedimenti ipotizzati dalla maggioranza di governo prevedono il ricorso a una tassa di scopo per finanziare la produzione di nuovi film italiani. Il finanziamento pubblico all’attività cinematografica ha dimostrato in questi anni la propria inefficienza. Lo Stato ha investito nel settore ingenti quantità di denaro, senza ottenere risultati soddisfacenti. Sarebbe consigliabile l’introduzione del meccanismo del cosiddetto tax shelter. Misure di defiscalizzazione e di reinvestimento degli utili hanno dato un impulso straordinario ai mercati cinematografici in molti Paesi europei.