Il protocollo di Kyoto presenta costi notevoli, anche per l'Italia, che metterebbe a repentaglio centinaia di migliaia di posti di lavoro. Il mutamento del clima va affrontato con un occhio ai costi e ai benefici di ogni azione, tenendo in mente le gravi incertezze scientifiche che pendono sul dibattito.
20 Aprile 2004
Argomenti / Ambiente e Energia , Diritto e Regolamentazione , Politiche pubbliche
Margo M. Thorning
Le emissioni di carbonio dell’UE continueranno a crescere. Una raffigurazione accurata dei costi delle riduzioni delle emissioni di gas serra dipende largamente dalla scelta di un modello economico in grado di catturare tutti i costi di breve e medio termine. Gli effetti di Kyoto sull’UE vanno dall’1,8 al 5% del PIL in meno nel 2010; in Italia il PIL reale cadrebbe dello 0,5% nel periodo 2008-2012 e sarebbe dell’1,9 e del 2,9% in meno, rispettivamente, nel 2020 e nel 2025. Le perdite occupazionali annuali rispetto ai livelli di riferimento raggiungerebbero i 51.000 posti di lavoro nel 2010, per salire a 277.000 nel 2025. Se la crescita del PIL rallenta, l’industria ha meno risorse da investire in nuove tecnologie che riducano le emissioni di CO2.