La vicenda della lunga privatizzazione Alitalia è lo specchio di un’Italia incapace di cambiare. Si sono creati enormi sprechi pubblici a causa dell’ingerenza nel mercato di politica e sindacati.
15 Gennaio 2009
Argomenti / Diritto e Regolamentazione , Economia e Mercato , Politiche pubbliche
Andrea Giuricin
Roberto Melini
Per l’Istituto Bruno Leoni la lunga privatizzazione di Alitalia, finita ieri con la ripartenza del nuovo vettore, è costata 1,8 miliardi di euro con l’aggravante di avere chiuso alla concorrenza il mercato italiano e non avere liberalizzato le rotte intercontinentali. La vicenda della privatizzazione Alitalia è lo specchio di un’Italia incapace di cambiare. Si sono creati enormi sprechi pubblici a causa dell’ingerenza nel mercato di politica e sindacati.
La nuova Alitalia parte indebitata, avendo speso 1052 milioni di euro per acquistare gli asset di Alitalia e 790 milioni per AirOne a fronte di una capitalizzazione di soli 847 milioni da parte italiana e di 323 milioni da parte francese. Durante la privatizzazione, iniziata 27 mesi fa, Alitalia ha accumulato perdite per 1,8 miliardi di euro. La legge 166 del 2008 approvata dal Parlamento Italiano ha limitato l’azione dell’Antitrust: delle prime 25 rotte italiane, ben 14 vedono la predominanza assoluta di Alitalia con una quota di mercato superiore all’80 per cento. Esistono delle soluzioni: Alitalia deve essere obbligata a rilasciare degli slot negli aeroporti italiani. È necessaria un’apertura delle rotte intercontinentali con nuovi accordi bilaterali, come insegna l’esempio britannico.