Una maggiore regolamentazione delle agenzie di rating non risolverebbe i problemi degli ultimi mesi: al contrario, rischia di creare nuovo azzardo morale e di aumentare i conflitti d'interesse in un settore già oggi viziato dalla scarsa concorrenza.
24 Marzo 2009
Argomenti / Diritto e Regolamentazione , Economia e Mercato , Teoria e scienze sociali
Mattia Bacciardi
Procedere a una maggiore regolamentazione delle agenzie di rating non risolverebbe i problemi che si sono palesati negli ultimi mesi: al contrario, rischia di creare nuovo azzardo morale e di aumentare i conflitti d’interesse in un settore già’ oggi viziato dalla scarsa concorrenza. È improbabile che una regolamentazione più pesante possa risolvere i problemi causati da quella attuale.
Le tre principali agenzie di rating mondiali sono salite agli onori della cronaca per le enormi capitalizzazioni di mercato e il loro presunto ruolo nelle recenti crisi finanziarie. Il mercato del rating è fortemente oligopolistico e caratterizzato da alte barriere all’ingresso dovute alla certificazione della SEC e alle regolamentazioni che impongono agli “investitori istituzionali” di affidarsi al rating delle agenzie certificate. Alle agenzie di rating è stata mossa l’accusa di conflitto d’interessi e inaccuratezza ma il concetto di “equilibrio reputazionale” e la pratica “doppio rating” sembrano smentirla. Alla base delle critiche sembra esserci un’idea errata del concetto di rating, inteso come certificazione obiettiva e incontrovertibile della solvibilità di un’azienda. La soluzione sembra essere quella di permettere maggiore concorrenza tra le agenzie, ma purtroppo le proposte dei leader e delle istituzioni europee non sembrano andare in questo senso.