Il decreto che include la terza direttiva postale europea deve essere corretto, se no non si potrà parlare di vera liberalizzazione. Poste Italiane deve essere ricondotta nel recinto di un mercato concorrenziale: non può rimanere in mani pubbliche.
10 Febbraio 2011
Argomenti / Diritto e Regolamentazione , Politiche pubbliche
Vincenzo Visco Comandini
Livia Magrone
Il decreto con cui l’Italia recepisce la terza direttiva postale europea contiene molti aspetti critici, che possono essere corretti dalle Commissioni parlamentari competenti. In particolare va affrontata l’anomalia di un deficit nei servizi postali, insieme a profitti significativi negli altri servizi, che le consente un forte attivo di bilancio con importanti dividendi trasferiti allo Stato. Tali profitti sono resi possibili solo dalla rete finanziata dai contribuenti attraverso il servizio universale. Gli elementi critici contenuti nel decreto sono: 1) il mantenimento in monopolio degli atti giudiziari e delle raccomandate per notifica, 2) la designazione di Poste Italiane quale fornitore del servizio universale per 15 anni, 3) l’ampiezza e il metodo di calcolo del suo costo e il finanziamento del servizio universale, 4) l’assegnazione delle funzioni regolatorie postali ad un’Agenzia governativa anziché ad un’Autorità Indipendente, 5) l’obbligo per gli esercenti dei servizi postali di rispettare le condizioni di lavoro previste dalla contrattazione collettiva di lavoro “di riferimento”. Solo correggendo questi difetti si potrà parlare di una vera liberalizzazione.